Oranghi e kazaki per coprire il disastro

I casi creati per distrarre l’opinione pubblica dalla vera emergenza: il rischio bancarotta

Oranghi e kazaki per coprire il disastroLa strategia della distrazione è la prima delle 10 regole sulla manipolazione di Noam Chomsky: “consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti”.

Pare che in questi giorni in Italia si stia facendo un vero e proprio abuso di questa strategia con la complicità più o meno consapevole della quasi totalità dei media: non si spiegano altrimenti i fiumi di inchiostro e i lunghi servizi dedicati ad oranghi e kazaki. Non che i casi degli insulti razziali al ministro Kyenge e il pasticcio internazionale che rischia di fare cadere il governo non abbiano importanza, ma la realtà è che in questo momento abbiamo problemi di gran lunga più urgenti da affrontare. Un esempio: in maggio il debito pubblico ha toccato il record di 2.074,6 miliardi, con un aumento di 33,4 miliardi rispetto ad aprile.

Possibile che solo Beppe Grillo si sia preso la briga di fare due conti e scrivere sul suo blog che debito record e pil in caduta libera (-2,4 nel primo semestre) condannino l’Italia al default. Non serve il nobel per l’economia per capire che se non si taglia la spesa in settembre si rischia una situazione come quella che si verificò nel 1992 quando il governo Amato di notte mise mano ai conti correnti degli italiani e svalutò la lira del 7%.

Ma se la verità è sotto gli occhi di tutti per quale ragione utilizzare oranghi e kazaki per distrarre il popolo? Perché il governo non sta facendo nulla per invertire la rotta. E forse non è nemmeno in grado di fare qualcosa. La parola d’ordine dunque è prendere tempo. Per farlo bisogna parlare d’altro. E’ meglio che non si sappia ad esempio che alla Camera lavorano 1551 dipendenti rappresentati da undici sigle sindacali che costano 280 milioni all’anno. E’meglio che non si sappia nemmeno che i dipendenti percepiscono indennità come quella “meccanografica”, quella “immissione dati”, quella di “recapito corrispondenza”, perfino quella di “tappezziere”.

Varcando la soglia Montecitorio si entra in un vero paese del Bengodi. Stipendi da favola, ferie, indennità, auto blu, benefit. Anche gli ex non vengono dimenticati: Bertinotti e Fini hanno ancora il loro ufficio.

Ma è meglio che non si sappia troppo in giro. Dilettiamoci con oranghi, kazaki e l’ultima dichiarazione di Renzi. Presto o tardi saremo costretti a fare i conti con la realtà. E non sarà divertente

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