Teoricamente dovrebbero essere soldi pronti in busta per i lavoratori. Certo, soldi che già appartengono al lavoratore ma invece di vederseli accreditare alla fine del rapporto di lavoro, possono essere mensilmente utilizzati per rilanciare i consumi. Questo almeno nella presentazione da parte del governo Renzi della possibilità di trasferire il Tfr direttamente in busta paga.
C’è pero chi, oltre ai proclami, cerca di decifrarne i reali contenuti in termini di riflessi sui benefici o meno che quest’ennesima proposta potrebbe portare alla tasche dei cittadini. E qui cominciano i guai. Perché se dovesse passare in Parlamento il testo così com’è scritto nella bozza della Legge di Stabilità, l’Erario incasserà 2,2 miliardi di euro in più, di cui 480 milioni dall’innalzamento dell’aliquota di tassazione per i Fondi pensione e dall’incremento della tassazione della rivalutazione del Tfr.
Anche se infatti il lavoratore non deciderà di versare il Tfr in busta paga, ugualmente ci sarà una tassazione sfavorevole all’alternativa di lasciarlo accantonato in azienda o in un Fondo pensione perché aumenterà la tassazione di rivalutazione del Tfr sia rimasto in azienda che trasferito in una forma di previdenza integrativa.
A Reggio nel privato sono circa 50mila i lavoratori con una forma di previdenza integrativa, 68mila invece coloro che hanno il Tfr in azienda. L’aumento della tassazione sarà elevato retroattivamente dal 1 gennaio 2014, dall’11,50 al 20%. Quindi per esempio su un risparmio ipotetico versato in un Fondo pensione di 40mila euro, con una liquidazione di 20mila e un rendimento del 3%, lo Stato intascherà 102 euro in più. Per il Tfr in azienda invece la tassazione passerà dall’11 al 17%. Ipotizzando una liquidazione di 20mila euro e un rendimento del 3%, pagheremo allo Stato 41 euro in più. I calcoli sono stati elaborati dalla Cgil.