Firenze – La Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari si è riunita ieri sera all’interno del palazzo Sant’Ivo a Roma per discutere sulla richiesta da parte del Senatore Matteo Renzi di controllare se la decisione dei magistrati della Procura di Firenze nella raccolta delle intercettazioni sia avvenuta in maniera troppo invasiva nei suoi confronti.
Da questo confronto, nessuna decisione finale è stata presa. La commissione, composta da 24 membri, il 26 novembre ascolterà Matteo Renzi sulla vicenda. Fiammetta Modena di Forza Italia e relatrice della commissione ritiene che i magistrati di Firenze avrebbero dovuto chiedere il permesso al Senato per delle comunicazioni acquisite dall’autorità giudiziaria che risalgono al periodo in cui Renzi era già senatore, quindi nel 2018.
Al momento l’inchiesta sull’ipotesi di reato per finanziamento illecito, fulcro delle indagini sulla fondazione Open, è stata chiusa. Gli indagati hanno venti giorni per farsi interrogare o raccogliere prove che possano eventualmente dimostrare la loro innocenza e poi la decisione successiva sarà in mano ai magistrati, che dovranno decidere se rinviare il processo a giudizio o procedere con l’archiviazione.
Per adesso, il procuratore, Luca Turco e l’aggiunto procuratore, Antonino Nastasi, hanno inviato un avviso di conclusione indagini a undici persone, tra queste compaiono: ’ex premier Matteo Renzi, l’ex ministra e attuale capogruppo di Italia viva alla Camera Maria Elena Boschi, l’ex sottosegretario e attuale deputato del Pd Luca Lotti e l’avvocato Alberto Bianchi, presidente della fondazione Big Bang dal 2012, poi diventata Open.
L’inchiesta sulla Fondazione Open è iniziata nel 2019, proprio per fare maggiore chiarezza sui fondi privati utilizzati per scopi politici e per sostenere campagne elettorali e propaganda politica. Le persone incaricate a gestire prima la fondazione Festina Lente, poi fondazione Bing Bang e infine la fondazione Open sono state sempre più o meno le stesse, persone vicine all’ex premier Matteo Renzi.
Negli ultimi giorni sono state pubblicate dai giornali solo alcune intercettazioni e documenti contenuti all’interno delle 92 mila pagine di inchiesta. E proprio su questo materiale che Matteo Renzi accusa i magistrati di essere stato intercettato abusivamente, senza tener conto del suo ruolo istituzionale e per giunta raccogliendo informazioni che erano marginali rispetto ai capi di accusa. In questi giorni, l’immagine pubblica dell’attuale senatore e capo di partito di Italia Viva è stata posta a dura prova dall’agorà politico dei giornali e dei programmi televisivi.
Nello specifico la Procura di Firenze sta indagando su 3,6 milioni che la fondazione Open avrebbe speso per sostenere l’attività politica di Renzi dal 2014 al 2018. Anni molto importanti per Matteo Renzi, allora Presidente del Consiglio, poi nel 2016 impegnato nella campagna elettorale per il Referendum Costituzionale e infine nel 2018 quando si dimise dall’incarico di segretario del PD e proprio nello stesso anno i vertici decisionali della Fondazione Open decisero che fosse giunto il momento di porre fine all’attività della Fondazione e quindi chiuderla.
Ancora non sappiamo quanto le chat che la Commissione per l’immunità potrebbe giudicare inutilizzabili agli atti giudiziari, nel rispetto dall’art 68 della Costituzione, il quale pone dei limiti alla magistratura nell’acquisizione di intercettazioni o altro materiale personale quando il soggetto ricopre una carica parlamentare, siano determinanti all’interno del processo.
Già nel 2020, Matteo Renzi aveva sfidato la magistratura, dopo l’arrivo dell’avviso di garanzia da parte del Tribunale, il leader di Italia Viva ha criticato i magistrati con parole sprezzanti che non sono passate inosservate agli occhi del CSM e dell’Anm che hanno chiesto che fosse aperta una “pratica a tutela” dei due pm fiorentini.
L’inchiesta nel frattempo è andata avanti e il caso si fa sempre più complesso. Il tema sui finanziamenti pubblici ai partiti è un tema caldo in Italia e non c’è un quadro normativo unitario e chiaro a riguardo, e già solo questo può facilitare il crearsi di conflitti. Come si evince dal primo responso della Commissione per le immunità parlamentari, è presente un conflitto di attribuzione tra potere politico, o meglio potere legislativo, e quello giudiziario ma già durante le indagini la Cassazione ha respinto due richieste di sequestro del pc fatte dalla Procura di Firenze, in questo caso si trattava di un conflitto interno tra organi giudiziari.