Firenze – Big Data e Open Data, una risorsa senza eguali per l’Europa e il suo futuro industriale ed economico in senso largo. Sul tema, il nostro esperto Clemente Poccianti intervista la dottoressa Beatrice Covassi, fiorentina, con un’esperienza di oltre 15 anni presso le Istituzioni europee, attualmente Capo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea. Dal 2010 al 2014, è stata Primo Consigliere presso la delegazione della UE negli Stati Uniti a Washington DC come responsabile del portafoglio economia digitale e cyber sicurezza transatlantica. Nel 2008 con una borsa di studio presso la George Mason University di Arlington (USA), ha tenuto un corso sulla politica Ue relativa ai nuovi mezzi di comunicazione, da telecomunicazioni a social. Fin dai primi anni 2000 ha ricoperto varie cariche presso la Commissione europea a Bruxelles e a Lussemburgo; la sua attività si è incentrata sullo sviluppo del mercato unico digitale; è stata capo unità aggiunto per l’agenda digitale europea e per l’economia basata sui dati; si è occupata di politiche in materia di dati aperti e di un partenariato pubblico-privato sui Big Data. E’ laureata con lode alla facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze.
Gentile Dr.ssa Covassi, nel suo ultimo incarico a Bruxelles si è occupata di mercato unico digitale in Europa e in particolare di Open Data e di Big Data, quanto questi strumenti di analisi potranno aiutare il futuro dell’industria europea?
“Direi tantissimo; mi sono occupata di Big Data quando stavo a Washington alla Delegazione dell’Unione europea e nel 2014 ‘è stato pubblicato , il famoso “Rapporto Podesta”, un documento molto importante per la Casa Bianca Il Presidente Obama aveva chiesto a John Podesta di studiare l’impatto sulla società, sull’economia e l’industria americana dei Big data. Questo rapporto è stato seguito a ruota da una Comunicazione inerente l’economia basata sui dati preparata dalla Commissione europea creando così un collegamento fra le due sponde dell’Atlantico.
Anche se l’approccio europeo è rimasto più mirato all’industria piuttosto che in funzione del mondo politico e sociale o della giustizia, la cosa importante è stata che la Commissione europea ha adottato per la prima volta una visione strategica sui Big Data che rivoluzioneranno tutta la filiera industriale, e avranno un impatto molto forte su tutto il resto delle attività umane.
Scopo della Comunicazione della UE era sia di cominciare a costruire una comunità di riferimento, sia di avere un quadro regolamentare per poterli meglio collocare a livello giuridico.
Da un punto di vista economico, secondo uno studio commissionato dalla CE entro il 2020 grazie ai Big Data si potrà raggiungere il 4.6% del PIL europeo”.
Ciò cui stiamo assistendo a livello europeo e che la recente crisi economica ha maggiormente accentuato è un divario in Europa fra la parte nord e la sua parte mediterranea; lei ritiene che l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali e i Big Data in particolare potranno iniziare a colmare questa spaccatura, oppure avverrà l’opposto?
“E’ vero che si è creato questo divario; e lo vediamo anche con il digital divide, lo credo e sono ottimista in questo, che le nuove tecniche di analisi dei dati saranno un’opportunità per il nord come per il sud Europa. Potremmo assistere a una sorta di pari opportunità senza differenze territoriali che permetteranno la nascita di centri di eccellenza un po’ ovunque. La visione è di creare dei network che dall’Andalusia alla Svezia possano sviluppare dei nuovi modelli sinergici di collegamento e di cooperazione”.
L’Ue sta iniziando a regolamentare l’area del Digital Innovation, vedi il caso di Uber, Blablacar, Airbandb ecc… Secondo lei sarà il nuovo punto di riferimento nel campo dell’innovazione digitale quale ente regolatore centrale, o avrà solo un ruolo marginale?
“Come Commissione europea quello che stiamo cercando di fare è dare opportunità e regole simili per tutti. Ci siamo occupati del pacchetto Industria 4.0 nel quale i Big Data e gli Open Data rientrano a pieno titolo. Lo scopo è sviluppare il mercato unico digitale ossia riuscire a creare un mercato che attualmente non esiste ma che possa dare l’opportunità a tutte le aziende piccole e grandi ma soprattutto alle piccole le startup, un riferimento utile alla loro crescita dato che in Europa hanno più difficoltà a svilupparsi e trovare capitali sufficienti più che altrove. Per questo tipo di finanziamenti l’Unione Europea ha sviluppato il programma di ricerca Horizon 2020”.
Con l’avvento del Web 2.0 e dei Social Media, il livello di comunicazione innovativa dell’Unione europea ha perso terreno rispetto al 2000, quando era stata considerata all’avanguardia. Secondo lei con la sfida di domani riprenderà il suo primato di divulgatore di informazioni?
“Questo riguarda proprio il mio nuovo ruolo e come capo della Rappresentanza della Commissione europea in Italia posso dire indubbiamente si. Tengo moltissimo alla comunicazione in tutti gli aspetti che questa comporta oggi, quindi i media ma anche i Social.
Devo dirle che io sono una Digital e una Social Media abbastanza appassionata, oggi il 70% dei giovani italiani legge le notizie solo tramite i Social Media, neanche dai giornali online. Ho già in programma di aggiornare il Website della Rappresentanza della Commissione europea in Italia per renderlo più interattivo, per incrementare il numero dei visitatori, sviluppando meglio il contenuto quindi raccontando cosa fa la Rappresentanza, gli incontri istituzionali e gli eventi, insomma creare una comunicazione col cittadino più vivace e diretta”.
In una mia precedente intervista il Prof. Dino Pedreschi ha fatto riferimento ad un potenziale Rinascimento digitale tutto italiano, dove oltre alla capacità di raccolta dei dati, conterà sempre più saperli interpretare e valutare. Anche lei ritiene che l’Italia più che altri paesi potrebbe in questo avere una marcia in più?
“Se lei mi parla di Rinascimento chiaramente tocca una parte del mio cuore da fiorentina, il Rinascimento forse è l’unico periodo in cui avrei voluto vivere oltre a quello attuale. Trovo molto calzante questo riferimento, infatti la cultura umanistica promuoveva lo sviluppo di persone a tutto tondo e non degli iper-specializzati.
Nell’economia dei dati non è il dato in sé che da valore aggiunto, il valore aggiunto è la capacità di saperli analizzare, non c’è bisogno di competenze puramente informatiche, servono anche competenze che provengano dal mondo della sociologia, della politica e dalle altre discipline Servono quindi nuove figure che siano appunto rinascimentali. Da questo punto di vista significa sapere coniugare tutta una serie di doti e di abilità e su questo devo dire che c’è un grosso sforzo da fare anche sui nuovi percorsi formativi per capire che il valore aggiunto nasce dall’unione di più discipline e non dall’ iper-tecnicismo”.
Nel suo nuovo incarico di Capo dell’ufficio di rappresentanza della Commissione europea in Italia, fra le varie attività che la vedranno impegnata su diversi fronti, i Big Data svolgeranno sempre una parte importante del suo lavoro?
“Nel mio nuovo incarico avrò una competenza più ampia ma sono e resteranno una mia passione e quindi dedicherò un’attenzione particolare proprio perché è un settore orizzontale che ha un impatto su tutto.
Se avessi i mezzi finanziari e la possibilità mi piacerebbe fare ad esempio Sentiment analysis questo per avere da un punto di vista della comunicazione un feedback più immediato nei confronti delle tematiche europee e quindi potere capire se faccio un intervista o un qualsiasi altro intervento o lavoro il riscontro della gente”.
Foto interna: Beatrice Covassi, http://ec.europa.eu/italy/index_it.htm
Foto di copertina: http://www.adiconsum.it/aree_tematiche/telecomunicazioni_tecnologia/index.php?arg=20&id=1382