One Day – Recensione
Due vite osservate lo stesso giorno per vent’anni. Fra Tavarelli e Mieli, il film di Scherfig spia con tenerezza un’amicizia speciale senza rinunciare ai toni della commedia.
Una storia di affetto e di amore osservata in brevi quadretti narrativi che mostrano il rapporto tra due persone esclusivamente lo stesso giorno per due decenni. In breve, è questo il concept su cui si basa l’ultimo film della danese Lone Scherfig (già regista dell’apprezzato An Education). La trama di One day proviene dal bestseller omonimo del 2009 di David Nicholls e racconta la storia di Emma e Dexter, sbirciata puntualmente il 15 luglio di venti anni consecutivi, dal 1988 alla contemporaneità (se i conti non tornano c’è un buon motivo, ma non è il caso di curiosare prima della visione del film).
In realtà, l’idea di portare al cinema una love story per scorci dilazionati sistematicamente nel tempo non è nuova. Già nel 1999 ci aveva pensato il buon Gianluca Maria Tavarelli con il suo Un amore, piccolo ed incantevole esempio di lirismo nostrano, e più di recente qualcosa di molto simile ha fatto Valerio Mieli con il glaciale (e ben più fortunato) Dieci inverni. In entrambi i casi si era trattato di vicende sentimentali con molte venature malinconiche che, pur godendo di una potenza sintetica indiscussa, si prendevano i loro tempi senza ansia. One day, invece, gioca più sull’orgoglio dei suoi protagonisti, sugli equivoci del non detto, sulla complicità di un’amicizia sincera ma ambigua nel contempo, senza mai rinunciare del tutto ai toni serrati della commedia tipicamente americana. Il risultato non è del tutto deludente, ma di certo non convince appieno chi già aveva apprezzato un altro modo (più intimista, sussurrato e quotidiano) di raccontare questa storia. Probabilmente il recupero del libro dopo la visione è più che auspicabile.