
Massimiliano Manzotti
Ha destato scalpore e aperto una serie d’interrogativi la recente notizia del bambino morto a soli quattro anni, all’ospedale di Tricase (Lecce), per una forma influenzale trattata con cure omeopatiche. Il dibattito sulle terapie alternative è in atto da molto tempo con le due fazioni strenuamente schierate: da una parte i favorevoli e dall’altra i detrattori. Proviamo allora a capire i termini della questione.
La medicina olistica nasce in occidente dagli studi di un medico tedesco Christian Friedrich Samuel Hahnemann, nato nel 1755 a Meissen in Sassonia, 12 km a nord-ovest di Dresda, una cittadina di appena 4000 abitanti, importante per la produzione di porcellane, è morto a Parigi nel 1843 dove è sepolto nel cimitero monumentale del Pére Lachaise. Fu un bambino prodigio, a soli dodici anni sostituisce nelle lezioni di greco il suo professore e già a quell’età conosceva perfettamente parecchie lingue. In soli quattro anni si laurea in medicina a Erlangen nel 1779. Diventa grande e geniale medico, chimico, botanico, fisico e traduttore. Solo negli anni 1785-1789 furono edite ben duemila sue pagine di traduzioni e di opere originali. Fondatore dell’Omeopatia coniò il termine Homoepathie e denominò Allopathie (Allopatia) la terapia classica. A differenza di questa, l’omeopatia si basa sul principio, espresso dall’aforisma “similia similibus curantur: i simili si curano con i simili”, secondo cui le varie forme morbose devono essere trattate somministrando ai malati, in dosi infinitesimali, quelle sostanze che, se assunte dalle persone sane, producono in esse sintomi analoghi a quelli della malattia da curare.
Hahnemann arrivò a questi concetti attratto dalle affermazioni di William Cullen (Hamilton 1710 – Kirknewton 1790) medico, chimico e accademico scozzese, noto per i suoi metodi d’insegnamento innovativi. Questi aveva notato che l’uso del chinino in un soggetto in buona salute provoca una sintomatologia simile a quella determinata dalla malattia che il chinino stesso è chiamato a curare, da ciò il medico tedesco elaborò la teoria secondo cui ogni malattia va curata con un medicamento che provochi nell’uomo sano una sintomatologia analoga. Nacque così l’Omeopatia. Nella storia del pensiero medico occidentale Hahnemann è il primo medico e pensatore che rompe completamente con tutti gli schemi scientifici, mentali e metodologici sino allora conosciuti, sperimenta farmaci su uomini volontari sani per capirne gli effetti, applicando il metodo galileiano: osservare attentamente ciascun fenomeno naturale, risalire dall’osservazione di più fenomeni alla ricerca della legge generale che li governa, riprodurre il fenomeno seguendo la legge che lo ha prodotto. Ebbe l’intuizione di adottare il periodo di quarantena nelle epidemie di colera separando i malati da quelli non ancora contagiati. Egli considera l’ammalato nella sua globalità di mente, corpo e ambiente: è il concetto della medicina olistica e pone particolare attenzione ai sintomi caratteristici delle varie malattie e si adopera per garantire condizioni più umane verso i malati di mente. Anch’egli fu perseguitato e ferocemente osteggiato dalla classe medica imperante.
Oggi il suo metodo è ancora oggetto di diatriba e accese discussioni. Il clamore suscitato dal triste episodio pugliese ha gettato benzina sul fuoco della polemica. In un’intervista a un giornale nazionale, il professor Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano dice “L’omeopatia non ha alcuna base scientifica. Al massimo ha un effetto placebo. E’ tutto. Anche perché, non contenendo niente, il cosiddetto farmaco omeopatico non può far niente” E alla domanda sul perché molti sostengono di essersi ben curati con l’omeopatia risponde “Ci sono anche molte persone che guardano l’oroscopo prima di decidere cosa fare. Il fatto che ci sia tanta gente che pratica l’omeopatia non significa nulla. Dietro c’è un mercato che si calcola essere intorno ai 400 milioni di euro l’anno” (Da “il Resto del Carino” 23 ottobre 2011).
Altri rispondono che il medicinale omeopatico è innocuo, non ha effetti tossici, ma l’importante è non rinunciare ai farmaci convenzionali quando servono. Come si vede le opinioni sono diametralmente opposte. La medicina per sua natura rimane ancor oggi un mix di scienza e arte, ove alla diagnosi precisa che è insieme di cultura, sensibilità, intelligenza, metodo, intuito, umiltà deve seguire la terapia. Questa va somministrata tenendo conto che si viaggia anche in sentieri imperscrutabili nella profondità dell’animo umano e pertanto richiede amore, partecipazione, autorevolezza, precisione e soprattutto estremo buon senso.