Galleria 33 festeggia il terzo anniversario e presenta la personale di Gioia Olivastri, in arte dal 1 al 30 aprile 2016 nello spazio di via Garibaldi 33 ad Arezzo. Mostra e testo critico sono a cura di Tiziana Tommei.
Il progetto espositivo propone opere inedite, assemblages e collages su tela distinte in tre collezioni: “Scrigni-tubero”, “Collages” e “Archivi”. L’eterogeneità di tecniche e materiali è la più diretta manifestazione della libertà espressiva dell’artista, che in questa occasione ricorre ad objets trouvés, papier collés, tessuti, metalli, porcellane, fotografie, disegni e ricami. Il modus operandi è fatto di gesti lenti, tempo trascorso, profonda riflessione e azione misurata.
La mostra è stata concepita come un percorso che ha origine dal profondo, da una dimensione ancestrale da cui provengono gli “Scrigni-tubero”. Essi rappresentano delle entità primigenie e preziose. Sono diamanti grezzi. Idealmente estratti dalla terra, questi vengono alla luce – e dunque alla coscienza – costituendo il viatico per un viaggio alieno dal concetto di spazio-tempo inteso quale entità misurabile. Rappresentano una sorta di strumenti apotropaici. La forma plastica, ruvida, intricata e poetica degli “Scrigni” si contrappone a quella eterea, candida, luminosa e narrativa della collezione di tele intitolata “Collage”. Esse vanno lette come un racconto in cui le figure, dalle silhouettes leggere e incorporee, emergono silenti, allineandosi su di un palco metafisico e instaurando un dialogo ovattato tra loro e verso lo spettatore. Disegni fatti di tratti spezzati, rapidi e controllati, a suggerire personificazioni di stati d’animo e messaggi allegorici. Seguendo il filo rosso invisibile che collega i lavori esposti si giunge al gradino più alto, gli “Archivi”. Queste opere rappresentano l’esito di una ricerca: l’artista recupera dal passato, dalla sua storia, frammenti eterogenei per materia e genere – disegni, appunti, fotografie, schizzi, oggetti, gioielli – e li compone secondo un criterio uniforme, di matrice formale ed estetica, cromatica ed architettonica. Assemblages e collages di momenti vissuti, fermati nel passato, ma mai perduti. Composizioni che non obbediscono a principi cronologici o tematici e nelle quali ogni componente rappresenta una cellula autonoma, un’opera a sé stante. Le tavole diventano organi e insieme formano un corpo che trova negli Scrigni la sua parte istintuale e nelle tele bianche quella spirituale.
Testo critico
Il mondo di Ogi (Gioia Olivastri) non è fatto di materia e neanche di sogni. Gioia Olivastri è un’artista concettuale, profondamente visionaria e onirica. Tuttavia i contenuti da lei veicolati sono lucidamente realistici e terreni, concreti e crudi, organici e carnali. Concetto, visione e verità. Metafore sinistre travestite da fiabe che attraggono e disorientano, respingono e ipnotizzano.
Ciascuno di noi, vivendo la propria esistenza, evita di mordere la mela. L’uomo contemporaneo, con tutta l’inconsapevolezza di cui è capace, si crede forte di fronte alle tentazioni, al male, al peccato. Si circonda di ciò che incarna la sua idea di bellezza, corre tanto e pensa poco. Prova qualsiasi mezzo che può isolarlo, alienarlo, anestetizzarlo perché non è abituato a soffermarsi. Egli s’incanta di fronte allo specchio, contempla la forma che vi è riflessa non preoccupandosi di conoscere cosa ci sia oltre lo specchio stesso. Attraversarlo – sulla scia del personaggio di Lewis Carroll – significa andare al di là delle apparenze e sondare il profondo, accogliere i mutamenti e nutrire il proprio spirito. Balziamo così dal racconto fantastico alla psicanalisi Junghiana e al moderno I Ching, muovendoci metaforicamente dentro e fuori la tana del Bianconiglio. Il ricorso alla fiaba alimenta una riflessione intorno al concetto di “Ogi-fanciulla”, in ordine al quale la creazione non implica un viaggio a ritroso nel tempo ma isolamento, contemplazione e introspezione, ricerca e conoscenza. In linea con i dettami della filosofia Wabi-sabi, l’arte di Ogi è un omaggio all’imperfezione, ad un’incompletezza ordinata nella quale nulla viene lasciato al caso. Il non-perfetto è ricercato e ponderato, esaltato ed ostentato. Perché è la verità che può salvare il mondo, non la bellezza. La verità non è necessariamente bella, perfetta, buona. Quindi perché un artista dovrebbe raccontare il contrario? Occorre giocare con le apparenze e creare uno scalino tra ciò che viene mostrato e quello che è invece rappresentato. In questa dinamica, l’apparente incanto si autodistrugge per mezzo di una visione più attenta, partecipata, sensibile. Gli intrecci, i nodi, i nascondimenti, le linee spezzate, le interruzioni rendono conto di un’analisi viscerale, senza sconti. Creare è un viaggio verso l’interno che non aggira i punti oscuri: li osserva, li fa a pezzi, li analizza e li confeziona dentro un grazioso pacchetto. È una sorta di esorcismo. Non affannatevi a trovare una parvenza di rassicurazione perché non solo non viene data ma non è permessa. Gioia conferisce alle sue opere l’esteriorità che hanno i nostri inganni e le storie che ci raccontiamo, per poi svelare tutta la loro inconsistenza.
Gioia Olivastri, in arte Ogi, nasce a Cortona (Ar) nel 1963.
Studia illustrazione e fashion design a Firenze. Nel 1988 si trasferisce a Milano, dove collabora come illustratrice per riviste di moda, disegna, crea abiti e accessori. Il percorso artistico di Ogi prende avvio nei primi anni Novanta ed è legato esclusivamente alla pittura. Nella seconda metà dello stesso decennio si assiste ad un passaggio: la virata dalla pittura alla scultura; la scoperta della fotografia; la creazione di gioielli (in realtà opere di arte plastica a tecnica mista). Si registra così uno stacco verso il reale e una nuova ricerca di tangibilità e concretezza. Dal 1995 al 2001 il suo lavoro è seguito da Studio Casoli. Sono anni intensi: progetti espositivi, sia in Italia che all’estero, e importanti collaborazioni. “Blanché Eté” è il titolo della personale allo Studio Caparrelli, tenuta nel 2002 a Londra. Un evento, questo, che segna l’inizio della collaborazione con Alda Caparrelli, mentre risulta pienamente delineata la natura artistica multiforme di Ogi: pittura, scultura, fotografia, installazione, design, illustrazione fino alla curatela. Quest’ultima non deve essere intesa come superamento di un confine, quanto come sintomo ulteriore di una lettura e ricreazione del mondo estremamente personale, che trascende la forma attraverso la quale si manifesta. Continua la sua attività espositiva fino alla più recente personale “In Movimento” a cura di Alda Caparrelli, in mostra nel 2015 a Palazzo Casali a Cortona: un progetto complesso, ricco e diversificato, che ha messo a fuoco gli elementi diversi del percorso artistico costitutivo della personalità eclettica di Gioia Olivastri.
“Just a spoonful of sugar helps the medicine go down” inaugura venerdì 1 aprile alle ore 18 presso Galleria 33 in via Garibaldi 33 ad Arezzo e resta visitabile fino al 30 aprile 2016 aperta da martedì a sabato con orario 11.00/13.00 e 16.30/19.30 o su appuntamento.
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