Parigi – Un’Italia in recessione che ritroverà il cammino di una timidissima crescita solo nel secondo semestre del 2015, che rimarrà oberata da un indebitamento che l’anno prossimo raggiungerà il 132,8% del Pil ma anche un’Italia da incoraggiare per aver imboccato una via, quelle delle riforme che deve perseguire “con determinazione”: lo scrive nel suo ‘Economica Outlook’ autunnale l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) presentato a Parigi.
Nel documento l’organizzazione che riunisce i paesi industrializzati del mondo, sforbicia nuovamente le sue previsioni di crescita dell’Italia , confermata fanalino di coda del G7: nel 2014 l’economia italiana avrà una crescita negativa dello 0,4% quando ancora sei mesi ne prevedeva una positiva dello 0,5%, un taglio in pratica dello 0,9%. Per il 2015 si prevede non più un +1.1% ma solo un’uscita dalla recessione con un misero 0,1%. La crescita dovrebbe poi accelerare nel 2016 trainata dall’export. Comunque è tutta l’Eurozona ad avere un recupero deludente, e in particolare “i paesi più grandi, Germania, Francia e Italia” e anche nel resto del mondo “la corsa dell’economia globale resta lenta”.
Italia e Francia ricevono intanto il benestare al loro rallentamento dell’austerity deciso per dare una chance supplementare alla ripresa. “Il rallentamento dell’aggiustamento fiscale strutturale rispetto ai precedenti impegni sembra appropriato” si legge nell’Outlook. Sul fronte della disoccupazione, i livelli dei senza lavoro rimarranno alti in Italia nonostante un miglioramento del mercato del lavoro che dovrebbe far scendere i tassi dal 12,4 % del 2014 al 12,3 nel 2015 e al 12,1 nel 2016. Tra le maggiori preoccupazioni che l’Ocse nutre per l’Italia riguarda l’indebitamento che “è causa di significativa vulnerabilità ” anche perché salirà dal 130,6 % del 2014 al 132,8% nel 2015 per attestarsi al 133,5% l’anno. Un paio di giorni l’Ocse aveva pubblicato uno studio sulle spese sociali nei suoi paesi membri: a guidare la classifica e la Francia che vi consacra il 31,9% del Pil, seguita a routa dall’Italia con il 28,6% (era del 28,7% nel 2013) contrôle una média Ocse del 21,6%.