Obituary Alfredo Gianolio: una grande eredità culturale

Adesso che Alfredo Gianolio se n’è andato siamo tentati di chiederci cosa resti di lui, cosa ci abbia lasciato. Un pensiero legittimo, data la sua vita, la sua umanità, la sua cultura. Lui, non credo però approverebbe del tutto. Sgranerebbe i suoi occhi cerulei, intelligenti e buoni, e mettendoci una mano sulla spalla, col sorriso aperto e l’ironia spiazzante, ci direbbe: “Ma niente, dai. E’ andata così. Lascia stare, poi sono contrario al culto della personalità… ”.
Lo immaginiamo così, Alfredo, con tutto il suo garbo, la luminosa semplicità. Quanto è diverso da lui il mondo che ha appena lasciato. E per questo lui è stato ed è ancor più importante.
Di Alfredo colpisce l’umiltà: è la prima qualità che lo ha reso grande. E’ stato avvocato, e qui ha pensato a tutti e prima di tutto ai poveri, che magari non pagavano o pagavano poco e chissà quando e in questo è stato anche testimone della Costituzione dove si dice che tutti hanno diritto alla difesa.
E’ stato giornalista appassionato, alla guida dell’Unità a Reggio Emilia nel dopoguerra e oltre, dopo essere stato partigiano e a chi glielo ricordava non esitava a rispondere che non fu proprio tra i primi che entrarono in città, ma come i primi ricevette eguali onori. Ma anche autore di saggi sulla Resistenza, sul fascismo e la classe operaia, e sulla storia di diversi Comuni reggiani.
E’ stato politico, rigoroso e militante, e allo stesso tempo sensibile ai bisogni sociali emergenti e talvolta critico, insieme all’amico Rolando Cavandoli, nei confronti del Partito comunista. Ma soprattutto politico perché amico della persona, della sua libertà, dei suoi diritti. Anzi, è stato innamorato della persona, di cui si è preso cura per tutta la vita, nella professione, nella scrittura, nell’arte: l’ideale al servizio della persona.
E quando si associano Arte e Gianolio, il primo risultato è Naïf. Anche questo interesse profondo ci dice e ci lascia molto di lui. I pittori naïf. Da Serafino Valla a Pietro Ghizzardi, Antonio Ligabue e una lunga trama di altri nomi e colori che Alfredo ha conosciuto, vissuto mescolando la sua alla loro esistenza, al loro modo di ragionare, di percepire, di rappresentare. Cominciò negli anni Settanta a registrare e raccogliere le loro storie. Lo mise all’opera un suo caro amico, Cesare Zavattini.
E ne uscì anche un libro, un bel libro, Vite sbobinate e altre vite, che è un documento anche sociale, antropologico, linguistico. Un mosaico di parole e voci ruvide, spezzate, anti-letterarie. Una presa diretta con la vita, in un linguaggio definito “semicolto”, rigoglioso come quella pittura “naïf”, che significa “ingenuo” ed è l’incanto che l’artista ha di fronte a ciò che vede, sente, immagina e racconta, con un pennello o una penna. Lui era tutt’uno in ogni cosa pensasse o facesse: in un’intervista disse che non c’era alcun impedimento, alcun contrasto tra il suo mestiere di avvocato e l’interesse per l’arte, perché si occupava comunque della persona, con le sue gioie e le sue sofferenze.
Una delle più recenti apparizioni pubbliche di Alfredo Gianolio è stata nella primavera 2017, con il suo contributo alla trasmissione ‘Viaggio nell’Italia del Giro’, per il 100° Giro d’Italia che faceva tappa a Reggio. Ricevendo un Edoardo Camurri ammirato, nella sua casa piena di libri e quadri, Alfredo novantenne si curava ancora, col suo stile semplice e famigliare, della sua città, della sua gente.
Gliene siamo riconoscenti.
In questo momento di dolore l’Amministrazione comunale di Reggio Emilia si stringe nei sentimenti di affetto e di partecipazione al lutto dei figli e dei familiari tutti, di moltissimi che lo hanno conosciuto ed apprezzato e che con lui hanno lavorato e collaborato.

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