L’opera di costruzione del parcheggio interrato in Piazza della Vittoria non può in alcun modo essere definita ‘pubblica’. Questo termine comprende tutto ciò che interessa la collettività e non prevede la combinazione o l’esclusione di vantaggi arrecati a privati. Tale parcheggio, realizzato in parte grazie ad un project financing, sarà affidato alla gestione da parte di una società privata, a detta dell’amministrazione allo scopo di rinnovare l’arredo urbano della piazza soprastante e procedere alla sistemazione del terminal delle corriere Zucchi.
Per favorirne la realizzazione il Comune interverrà attraverso una convenzione che prevede l’acquisto di posti auto altrimenti riservati ai pochi privilegiati che possono permetterselo; la fetta restante sarà usufruibile a pagamento. Si tratta per l’ennesima volta di un’opera priva di interesse comune, non necessaria e di nuovo contraddittoria rispetto alle strategie urbanistiche di cui la nostra città si vanta. Questa, come altre opere costruite negli ultimi anni e a marchio ‘pubblico’ non è altro che l’ennesimo caso di speculazione edilizia.
E’ evidente l’inutilità di nuovi posti auto ad una distanza di soli 100 metri da un ulteriore enorme parcheggio decisamente poco utilizzato, costruiti, nel caso trattato, sacrificando suolo pubblico e teoricamente soggetto a salvaguardia per scongiurare ulteriori apporti di inquinamento. E’ ancora più evidente che l’interesse pubblico non c’entra nulla, trattandosi di un’opera in netto contrasto con i principi di mobilità sostenibile e di protezione ambientale che dovrebbero rendere le nostre città luoghi migliori in cui vivere. E’ stata più volte ribadita l’intenzione di rendere Reggio Emilia una città dall’aria più pulita, incentivando l’uso delle biciclette. Sono state predisposte piste ciclabili ovunque, in attesa di un abbandono dell’automobile mai realmente scoraggiato ed in effetti mai avvenuto. La brusca assegnazione di strisce blu fino ad una discussa distanza dal centro storico doveva essere riprova di una politica sostenitrice dell’uso delle biciclette. Ora con la previsione di ulteriori posti auto si vuole consentire l’ingresso alle auto in pieno centro, laddove è assolutamente necessario promuovere il trasporto pubblico e sostenibile.
Mi chiedo se sia così assurdo pensare che proprio dal centro di una città debba partire l’educazione alla mobilità sostenibile, dove la densità richiede un maggiore rispetto dell’aria che tutti respiriamo. Non è efficace intervenire a quattro chilometri di distanza, in interventi isolati come nel caso di via Settembrini, prima distrutta e poi ‘risanata’ dall’ amministrazione che prima ne ha sacrificato la bellezza e incentivato il traffico, poi ha cercato di riportarla a paradiso esempio di una buona politica di mobilità (quella dei ciclisti della domenica). Ma, inutile dirlo, anche in questo caso si è trattato di accontentare l’interesse di pochi, a danno di attività agricole e commerciali preesistenti alla colata di cemento che hanno consentito, e che facilmente si sarebbe potuto intuire che avrebbe portato con sé un aumento del traffico. Tutto ciò è contraddittorio e inaccettabile: una città che vuole garantire un futuro sostenibile è obbligata oggi a fare scelte precise, non può permettersi di continuare ad accumulare errori non più tollerabili.
Si conoscono tutte le ricette per migliorare le condizioni di vita nell’ambito urbano, e di primaria necessità è la diffusione di un’etica della mobilità, difficile da estendere a tutti i cittadini se le amministrazioni continuano a perseguire una politica di ambiguità. Tutto questo è assolutamente illogico e, inutile negarlo, dispendioso, non certo motivo di vanto. Purtroppo credo sempre meno nel miglioramento delle nostre città a partire dalle scelte urbanistiche delle amministrazioni, che negli ultimi anni hanno troppo spesso fatto scelte che si sono rivelate dannose. Siamo ancora disposti ad essere conniventi con questo sistema a ragnatela radicatosi nel tempo, considerando che le decisioni cadono sempre dall’alto e a noi e al nostro territorio spetta il fardello delle conseguenze?