Prato – E’ l’omaggio alla grande emozione che prova per l’arte contemporanea e a uno dei pezzi storici dell’artista Cy Twombly, anno 1951, autore dell’opera Myo, che ha spinto lo chef pratese Angiolo Barni a dare il nome al bar bistrot e al ristorante di prossima apertura (inaugurazione 12 ottobre) nel nuovo Centro Pecci.
“Myo Ristorante”, “Myo Bistrot,un connubio di ristorazione vincente, frutto di una esperienza in cucina non solo di tradizione italiana, iniziata in famiglia, a metà degli anni ottanta, seguendo ai fuochi la nonna Maria Elia, ma anche internazionale con gli studi all’estero, in Francia, all’Ecole Des Arts Culinaires, a Lione all’epoca del presidente e docente Paoul Bocuse, seguendo gli insegnamenti dei maestri George Blanc,Quique Dacosta, Roca,tanto per citarne alcuni.
Una carriera in giacca bianca, quella di Barni, che ha visto importanti riconoscimenti come l’opportunità di preparare a Villa La Pietra sulle colline fiorentine, organizzato da New York University, il menù per i noti uomini di Stato, l’americano Bill Clinton, il primo ministro francese Lionel Jospin, e quello britannico Tony Blair, il brasiliano Josè Eduardo Cardoso, il tedesco Gerhard Schröder, una cena-evento, ricordata dallo chef, cui partecipò,oltre agli statisti italiani, anche Roberto Benigni che si fermò molto tempo in cucina.
Grazie al suo impegno e alla voglia di sperimentare progetti nuovi, ha contribuito ad avviare due ristoranti, uno a Firenze,”L’Ora d’Aria” , un altro a Milano “Belledonne Bistrot”. “Alla base del mio lavoro”- dice a Stamp Angiolo Barni, c’è la volontà di far bene il proprio mestiere, valutando le novità che il mercato dell’alimentazione propone, senza dimenticare la tradizione; ricerco con passione il sapore dei cibi che all’origine devono essere il più naturali possibile, del territorio circostante, anche se non sono particolarmente interessato al chilometro zero perché, secondo me, alla base di una ricetta ben riuscita c’è la materia prima che deve rispettare i canoni dell’eccellenza.”
“Inoltre”- afferma lo chef, “quando sono ai fuochi, e non sono”, rivela, “un accentratore, perché mi piace lavorare in squadra e ben disposto ad accogliere i suggerimenti di chi sta ai fornelli, è l’impulso che mi spinge a creare nuovi piatti, quel qualcosa che, abbinato alla passione e al cervello, è l’inizio di una nuova proposta che mi deve pienamente soddisfare perché quando la porto in tavola, deve incontrare anche i favori della clientela.”
“È questo un progetto in cui” – conclude lo chef Angiolo Barni -“sono riuscito a dare una precisa identità al mio lavoro: lascio l’Enoteca di via Ferrucci che resterà gastronomia e punto pranzo,affidata alla professionalità di mia sorella Francesca,dedicandomi alle due ristorazioni diverse e complementari nel Centro Pecci, una sfida che a 47 anni mi emoziona”.