Nuova legge Sanità, Sarti (Sì Toscana): “Riforma? No, stravolgimento”

Firenze –  Riforma della sanità in Toscana? No, corregge Paolo Sarti, consigliere regionale di Sì Toscana a Sinistra, “stravolgimento” della sanità in Toscana. Sia come sia, di sicuro il futuro della sanità regionale sarà uno dei leit motiv dell’anno che sta per iniziare. E se la riforma è ormai passata dalle forche caudine del consiglio regionale, cominciando a emettere i suoi effetti proprio dal primo giorno dell’anno, l’opposizione non ha certo intenzione di depositare le armi. Anzi: si comincia dalla questione referendaria, che potrebbe mettere un bel punto interrogativo sulle certezze del tandem Rossi-Saccardi. “Saremo al fianco dei comitati e dei cittadini che non si danno per vinti”, promette Sarti.

Infatti, dopo la raccolta delle 55mila firme dei cittadini convinti che la riforma Rossi-Saccardi debba essere rimessa alla volontà popolare, una serie di impedimenti hanno di fatto sbarrato la strada all’attuazione del referendum. A cominciare dal rocambolesco episodio della consegna delle firme fino al 15 dicembre scorso, quando, mentre si discuteva in aula della legge sanitaria, tensione e tafferugli funestarono il presidio indetto dai Comitati sotto le finestre del Palazzo. Ma lasciando tutto questo alla storia, la vera questione che mette in forse il referendum fu l’abrogazione della legge 28, che era quella presa di mira dal comitato referendario. Gli articoli fondamentali tuttavia sono stati “infilati” nella legge 40. Insomma un’operazione che ha “spiazzato” il referendum, non risultando più, come dice Sarti, “chiaro” il quesito da porre ai cittadini. Un problema senz’altro, ma non insormontabile, secondo Sarti, che vede due possibilità: da un lato, il lavoro dei Comitati sul tema potrebbe riuscire a riformulare un “quesito” accessibile e chiaro sulla legge sanitaria comunque presentata; il secondo, una nuova raccolta di firme. Prospettiva lunga e pericolosa quest’ultima, ma che potrebbe anche andare in porto. E che di fatto, suggerisce Sarti, si propone come un quesito sulla spinta alla privatizzazione del sistema sanitario regionale che la nuova riforma comporta.

In attesa di nuovi sviluppi dal fronte referendario, affrontiamo con Paolo Sarti i punti fondamentali della decisa contrapposizione da parte della sinistra toscana alla legge sulla “nuova” sanità. I cui punti di “lancio”, lo ricordiamo, sono essenzialmente due: risparmio e semplificazione.

“Cominciamo dal risparmio – dice Sarti – gli stessi uffici amministrativi non sono ancora in grado di valutare se davvero risparmio, visto il modello organizzativo proposto, ci sia. Dunque, si tratterà di una valutazione in fieri? Dando un occhio agli studi internazionali sul tema, sembra proprio che di risparmio, nel caso di “megafusioni” di Asl, non si possa parlare. Ma la vera domanda è: ridotti i posti letto, ridotta l’offerta, quanta gente non si cura più perché non può?”.

Oltre a tenere la prima linea sul referendum, la sinistra toscana, annuncia Sarti, ha intenzione di mettere sul tavolo un “libro grigio”, vale a dire, una ricerca approfondita su tutto ciò che non funziona o non ha funzionato o è stato promesso. Insomma, una sorta di “libro-verità” che vada a disvelare, punto per punto, il volto concreto della sanità toscana a cominciare dal taglio dei posti letto a quello sul personale, alla funzione dei privati, alla realtà di chi ormai non riesce più a curarsi adeguatamente perché “non ci arriva più”. Del resto, due dati confermano, secondo quanto spiega Sarti, un “abbandono” che si verificherebbe in particolare proprio riguardo le fasce deboli: l’aumento della mortalità e l’impossibilità di sostenere le spese delle patologie croniche da parte di una fetta di popolazione. “Per fare un esempio – dice Sarti – la patologia del diabete incide per circa cento euro al mese sul reddito. E’ una patologia che colpisce molti anziani, che magari sono pensionati a 800 euro al mese. Pensiamo a bollette, spese quotidiane e magari un affitto. Come possono occuparsi anche del diabete…?”. Mentre a proposito della perdita di posti letto, a fronte dei circa duemila che sono venuti meno, “la promessa che era stata fatta riguardava almeno 400 “nuovi”. Ma sono davvero stati rimessi in circolo? …”.

In estrema sintesi, continua Sarti, “si può dire che la riforma sanitaria soffre di due grandi debolezze, una che riguarda la partecipazione, l’altra il territorio”. Per quanto riguarda il primo punto, Sarti è caustico circa le modalità: “Come è stata attuata? Attraverso l’ascolto? Ho partecipato ad alcuni di questi incontri…”. Insomma eventi che, secondo Sarti, non hanno dato grandi risultati, né in termini di “partecipazione”, né di informazioni. Quando non si sono rivelati “eventi fittizi”.

In realtà, continua il consigliere di Sì Toscana, “Ci siamo trovati davanti alla politica degli annunci”. Per quanto riguarda infatti il territorio e la sua organizzazione, Sarti dice: “Ci sono dei “nomi” ma come funzionano?”. Nel concreto: “Direttore medicina generale: che vorrà dire? Case della Salute: Quante ce ne sono? Dove? Come funzionano?… ” E via di questo passo.

Non solo. Nel mirino della sinistra toscana entra anche il project financing, mezzo attraverso cui si sono realizzati i famosi 4 grandi ospedali toscani, Prato, Pistoia, Lucca e Massa. Un sistema, dice Sarti, “che vede un interesse privato forte e scarse possibilità di intervento da parte pubblica. Per fare un esempio, l’ospedale di Pistoia presenta molte sale parto, ma pochi posti letto. Le sale operatorie attivate sono 4 su circa il doppio. Ma la sala operatoria è un ambiente che va tenuto in vita anche se non si usa, e tutto ciò costa. Facciamo anche un altro piccolo esempio, che sembra quasi una sciocchezza: la presenza della pietra serena all’esterno di tutti i nuovi ospedali. Si tratta di un materiale che va curato e abbisogna di manutenzione continua. Altri costi. Tutte fonti di spesa per strutture non progettate ascoltando i bisogni del territorio, ma ritagliate sugli interessi delle imprese”.

Un altro grosso quesito è: chi fa funzionare la sanità? Gli operatori, si risponderebbe tutti in coro: infermieri, infermieri specializzati, medici … “Ebbene, la legge 28 (quella abrogata, ndr) fu messa in atto per utilizzare “la Fornero”. Secondo questo sistema, si giunge all’espulsione di circa 1500/2000 operatori sanitari. Con almeno un risultato: la perdita di competenze che hai pagato care, e che magari sono proprio nel punto migliore della loro vita professionale, avendo guadagnato, oltre a competenze, esperienza. Insomma di fatto si perdono competenze e operatori”. In un sistema, aggiungiamo, che già soffre di carenza di personale visti i continui tagli degli ultimi anni e il blocco del turnover. “Il dato di fatto – continua Sarti – è che tutto ciò provoca e aumenta il disagio del cittadino che viene a contatto con le strutture della sanità pubblica, che si rivolge al privato. Con un risultato: di fatto, la delega della medicina di base, da parte del pubblico, al privato”. Il che significa anche, dice Sarti “abdicare a impostare una politica sui prezzi”.

Ma andiamo con ordine. Intanto, il “privato” cui si “consegna” secondo Sarti, la “medicina di base”, è il “privato sociale”. A questo particolare tipo di associazionismo (Humanitas, Misericordia, pubbliche assistenze, no-profit, Lega cooperative …) non “convengono” le grandi prestazioni, che continuano, secondo il disegno Rossi-Saccardi, a rimanere pubbliche. Sono le “cronicità” dice Sarti, “che verranno gestite in modo differenziato a seconda di che prestazioni sociali hanno, dunque a seconda dell’affiliazione, Misericordia, Humanitas … Di fatto, tornano le casse “speciali” differenziate, tramonta il principio di una sanità unica, uguale per tutti i cittadini. Il disegno, si badi bene, è nazionale, ma in Toscana si va sempre oltre. Si estremizza tutto”. Laboratorio per i test di prova, forse? …

Giungiamo ora alla tanto sbandierata “semplificazione” di cui la riforma sarebbe portatrice.

“Semplificazione? – ribatte Sarti – in realtà, si semplifica il gruppo dirigenziale, mentre si moltiplicano le sottodirezioni”. Dunque, spiega Sarti, la riduzione delle aziende sanitarie da 12 a 3 (Toscana centro, Toscana nord ovest, Toscana sud est), fanno nascere bacini di utenza interprovinciali di oltre un milione di persone. Se è vero che i direttori di area vasta saranno tre, per tenere sotto controllo tutto ciò che avviene in un bacino così ampio, non basteranno le figure apicali previste, ma sarà necessario sviluppare ulteriormente le strutture delle sottodirezioni., con ulteriore complicazione, secondo Sarti, della “macchina”. Nessun sollievo dunque, se non una riduzione di qualche stipendio dirigenziale che non sarà certamente decisivo sul risparmio di risorse. Anche se, aggiunge Sarti, un risultato si ottiene: la gestione viene ristretta a pochissime persone e tutte di diretta emanazione regionale, anzi presidenziale: tre direttori di area vasta, tre di aziende ospedaliere e tre di aziende Asl. Insomma le decisioni vengono prese da pochissimi che rispondono tutti direttamente al presidente della regione.

Tirando le fila, Sarti conclude: “Questo stravolgimento non conduce ai risparmi promessi, non porta alla semplificazione dal momento che moltiplica l’organizzazione, porta di sicuro a scontri. Non solo: seguiranno anni di instabilità nei servizi, con uffici fermi in attesa di ciò che succede. Senza contare che c’è un altro grande problema, la gestione dell’intramoenia”. Ricordiamo a tal proposito il problema ben noto di “corsie preferenziali” per i paganti e lunghe liste di attesa per i comuni cittadini “non paganti”.

“Per migliorare la sanità è necessario mettere più soldi sul tavolo – conclude Sarti – limare gli sprechi è sacrosanto, ma lo si fa, a parte individuando e togliendo doppioni inutili, lavorando sulla medicina “difensiva” e aumentando la cultura sanitaria dei cittadini. Non dimentichiamo che per quanto riguarda l’investimento sulla sanità, siamo fra gli ultimi in Europa accanto alla Grecia”.

 

 

 

 

 

 

 

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