Due ore e mezzo, ma non sono bastate per convincerla. No, nonostante tutto ciò che il sindaco cui la lega una lunga amicizia, Dario Nardella, ha potuto offrire per portarla al suo fianco, no, anche se, come lei stessa ha fatto sapere a un quotidiano cittadino, il fatto stesso di tornare “a casa” vicino alla famiglia poteva essere un incentivo potente. Lo scoglio? Un doppio incarico, Roma e Firenze, cui Simoni non intendeva rinunciare e che avrebbe dato “ombra” a Nardella, nemico dei doppi incarichi. Ma che nel caso di Simoni voleva dire anche mantenere l'”assicurazione” di un margine di autonomia rispetto al ruolo della “vice”. Sì, ma che per lo stesso motivo poteva impensierire un sindaco che si ritrova a governare un periodo delicato per il futuro di Firenze.
Elisa Simoni dice no, e l’effetto sulla giunta in fieri si sente. Innanzitutto, perché nelle caselle rimaste scoperte, come ormai noto infatti il nuovo sindaco a tempo di marcia ha riempito la mappa del nuovo governo cittadino, la mancanze del fondamentale “vice” lo mette in condizioni di dovere subito gettarsi alla ricerca di un nuovo nome.
In secondo luogo, perché, nonostante la rassicurazione che Simoni ha voluto e sentito di dover fare, sostegno esterno e grande stima a Nardella, resta il fatto che una delle teste pensanti di quella che potrebbe essere “l’anima critica” e “dialogante” della compagine renziana se ne sta a distanza dalla “location” fiorentina. Appoggio sì, felicitazione e grande entusiasmo per un risultato elettorale senza ombre, ma il mandato degli elettori, per Simoni, è sacro anche quando si tratta di rispettarne la volontà che l’ha voluta insediata a Roma.
Però … dal punto di vista politico, senza una figura come Simoni, il rischio è che la squadra appaia depotenziata e “consegnata” alla linea dei renziani di ferro. Dunque? Dunque, caccia alla vicesindaca “forte”, donna e capace di portare prestigio. Come sussurrano nei corridoi “la Carla Fracci della situazione”. Magari fuori dall’ambiente politico.
Un rifiuto, dunque, anzi, un gran rifiuto, che potrebbe essere il primo scalino da superare per il neo sindaco. Così, in una sorta di effetto domino, ora la costruzione dell’organigramma si fa più arduo. Nardella rischia di trovarsi fra Scilla e Cariddi: da un lato, politicamente deve evitare di dare l’impressione di avere tagliato fuori ogni rappresentanza “altra” rispetto ai renziani “di ferro”, dall’altro deve tenere conto non solo dello spessore “consensuale” degli assessori, ma anche della loro competenza ed esperienza amministrativa. Punti fermi? Una colonna portante pare continui ad essere, svanite le voci di un suo allontanamento, l’assessore Elisabetta Meucci all’urbanistica, competenza, fedeltà e voglia di portare a termine un lavoro iniziato i suoi punti di forza. Un’altra casella quasi certa, Caterina Biti (che ha fatto valere i suoi voti di preferenza “turbando” la serenità del sindaco) la più votata, alla presidenza del consiglio comunale. Ma lunedì, ha detto Nardella, la nuova giunta ci sarà.