“Il nucleo è la parte centrale e più densa della cellula (diminutivo del latino cella), l’unità di base di ogni forma di vita considerata come la più piccola struttura classificabile come vivente”. Ci sentiamo tutti parte di questo nucleo camminando per i corridoi dell’antico carcere delle Murate e interagendo con lo spazio. L’area di detenzione più severa- che sconfinava nella segregazione- ha ospitato personaggi che ancora si ricordano nei libri di storia, e adesso è luogo di un'istallazione dell'artista Valeria Muledda.
La mostra è costituita da sei parti che coinvolgono tutti gli ambiti dell'esperienza sensoriale: un'antologia di racconti relativi al carcere delle Murate e al suo contesto storico-urbano; sonorità registrate all'interno del carcere e rielaborazioni; racconti e registrazioni da Sollicciano, dove i detenuti sono stati trasferiti dopo il 1983; la descrizione dello spazio delle celle attraversato da un recluso italiano nei suoi ultimi 25 anni di vita; una selezione di 590 impronte delle pietre delle Murate ottenute tramite il frottage.
L'artista ha posizionato radio d'epoca con sensori di presenza in modo da inglobare lo spettatore nelle voci e negli spazi man mano che si avvicina. Inoltre, portando all'orecchio i vecchi telefoni collocati nelle celle, è possibile ascoltare vere conversazioni registrate.
Sui muri delle stanze, disegni e scritte incisi a forza o tracciati con pezzi di grafite ci conducono nel clima sospeso e straziante che molti detenuti hanno vissuto.
Sarà possibile visitare l'istallazione tutti i sabati dalle 15.00 alle 19.00 oppure su appuntamento, preferibilmente nel tardo pomeriggio che si accorda meglio con la gradazione di luce richiesta dall'opera.