Nozze gay e fine vita, non-dialogo tra silenzi e imbarazzi

Come sempre la questione laica è il campo di battaglia di una guerra tra bande ma resta di fatto ai margini del dibattito pubblico

Giuseppe Manzotti

A Reggio si torna a parlare di nozze gay mentre a Roma si è aperta la settimana decisiva per l’approvazione della legge sul testamento biologico. Due argomenti scottanti che non solo dividono laici e cattolici, ma creano imbarazzi nell’area che si definisce progressista. Come sempre la questione laica è il campo di battaglia di una guerra tra bande ma resta di fatto ai margini del dibattito pubblico. Nel frattempo, nel silenzio generale, il Parlamento si appresta ad approvare una legge sul fine vita da stato etico.

Accade raramente in Italia che il dibattito pubblico si concentri su questioni che riguardano la dignità della persona, la libertà e l’autodeterminazione. In un Paese dove la questione laica è ridotta ad un mero scontro tra ideologie non sorprende dunque che le dichiarazioni sulle nozze tra omosessuali del sindaco di Castelnovo Sotto Simone Montermini abbiano scatenato un piccolo terremoto.

Ispirato dalle novità che giungono da oltreoceano – lo stato di New York è diventato il sesto stato dell’Unione dove si celebrano le nozze gay – Montermini ha preso carta e penna e ha affidato ad una lettera il suo desiderio di poter celebrare in futuro matrimoni tra omosessuali. Il documento è stato sottoscritto dall’avvocato Marco Scarpati e da quattro militanti del Pd (Simone Beghi, Andrea Capelli, Sara Iori e Matteo Panari). L’immediata conseguenza delle improvvide parole è stata la spaccatura all’interno del Partito democratico: i cattolici più o meno adulti hanno preso immediatamente le distanze, il sindaco è rimasto in rigoroso silenzio, lo stato maggiore ha scelto la via della prudenza (con l’esclusione della presidente della Provincia Sonia Masini, entusiasta della proposta).

Sembra un copione già visto. Di certi argomenti è meglio non fare parola. Non expedit, non conviene.

Mentre a Reggio va in scena l’ennesima replica di un non-dialogo tra sordi, il caso vuole che questa sia la settimana decisiva per l’approvazione della legge sul testamento biologico. Il can can reggiano sui matrimoni omosessuali  fa da contraltare al silenzio generale, anche dei laici o sedicenti tali di casa nostra, su un tema che non riguarda solo la condizione dell’individuo al termine della sua esistenza terrena, ma soprattutto quella linea di demarcazione che separa il potere dello Stato dalla sfera privata. Una questione cruciale di libertà che va oltre i calcoli del farmacista e gli interessi di bottega.

Il Comune di Reggio Emilia ha coraggiosamente istituito il registro dei testamenti biologici: anche se ha un valore più che altro simbolico in quanto non esiste ancora una legge che ne regolamenti la validità, il servizio garantisce il diritto dei cittadini a manifestare preventivamente la propria volontà circa l’accettazione o il rifiuto di alcuni trattamenti sanitari o terapie. Volontà che rischia di essere calpestata per decreto. Se la legge sarà approvata il consenso della persona sarà sostanzialmente vanificato, perché le indicazioni del paziente non saranno vincolanti e non potranno riguardare questioni essenziali come quelle dell’alimentazione e dell’idratazione forzata, alle quali nessuno e in nessuna situazione potrebbe rinunciare. Onestamente si fatica a non vedere dietro questa norma la concezione di uno stato etico, non certo liberale.

Al di là delle opinioni che ognuno può avere sull’argomento, è difficile non riconoscere che questi temi sono di vitale importanza per il futuro del Paese. E in una città che non perde occasione per definirsi “progressista” vorremmo assistere ad un vero dibattito.

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