Regìa: Daniel Espinosa.
Top star: Tom Hardy, Noomi Rapace, Gary Oldman, Vincent Cassel.
USA 2014.
Come andare a un concerto di Vasco…con Vasco che canta 4-5 canzoni e per il resto lascia il palco a Ligabue. Ok, magari vi piacciono tutti e due, quindi no problem. Ma voi il biglietto l’avevate pagato per Vasco, infatti sui manifesti c’era scritto Vasco, mica Ligabue, neanche in piccolo.
Idem per “Child 44”, un film sulla caccia a un serial killer…in cui si parla ANCHE della caccia a un serial killer, ma sì e no per trenta minuti sulle oltre due ore di durata. La pubblicità fa il suo sporco lavoro, in modo non troppo corretto (eufemismo): “ispirato alla storia vera del serial killer di Rostov” si legge sulla locandina. Che dire poi del trailer? Bambini adescati, madri sconvolte, inquirenti determinati a venire a capo della faccenda, alternati a frasi ad effetto tipo “Omicidio misterioso”, “Segreto sconvolgente”, “43 prede” e pure un bel “Da Ridley Scott”, che in realtà è “solo” produttore.
Poi andate al cinema, vi sedete in sala e…vi ritrovate sì nella Russia post bellica e nei pressi di Rostov, ma per assistere a una storia di caccia alle streghe (alle spie, per la precisione), a giochi di potere del regime comunista, a una storia d’amore-non amore eccetera eccetera. Tutto carino, tutto degno, in pieno spirito romanzesco russo. Ma, ripetiamo, la caccia ad Andrea Chikatilo, alias il Mostro di Rostov, non è certo il fulcro. Prova ne sia che quando l’indagine entra nel vivo – dopo un’ora e diciannove minuti dai titoli di testa (all’anima!) – ormai si è fatto tardi e il regista non può tirarla molto per le lunghe, così l’individuazione del serial killer avviene con una facilità e una rapidità disarmanti, mentre vira addirittura al delirante la scena della “cattura”.
Bravi i protagonisti, Tom Hardy e Noomi Rapace, bella l’ambientazione e bla bla bla, ma noi il biglietto l’avevamo pagato per vedere la caccia a un serial killer. E ora ci sentiamo adescati.
Da vedere: 2 consigli, uno statunitense, uno italiano
Regìa: Theodore Melfi.
Top star: Bill Murray, Melissa McCarthy, Naomi Watts.
USA 2014
“Hai mai visto Gianni e Pinotto?” chiede Bill Murray al piccolo Jaeden Lieberher.
Lieberher: “No signore, sono vecchi?”.
Murray: “No, sono morti. E’ il massimo della vecchiaia”.
Altra citazione.
Lieberher: “Sono piccolo, se non l’ha notato”.
Murray: “Lo era anche Hitler”.
Lieberher: “Che orribile paragone!”.
Il troppo sottovalutato Murray è depresso, cinico e scorbutico, ma soprattutto magnetico, nel senso che è dura staccare lo sguardo quando compare lui sullo schermo. La convivenza più o meno forzata con un bambino senza padre cambierà le cose. Niente di nuovo, si fa fatica a non pensare ad “About a boy” con Hugh Grant, ma ciò non toglie che il film sia ispirato (basti pensare che qui risulta simpatica anche la solitamente odiosa Melissa McCarthy), in grado addirittura di regalare un finale commovente.
Buoni a nulla
Regìa: Gianni Di Gregorio.
Top star de noantri: Gianni Di Gregorio, Marco Mazzocca, Valentina Lodovini.
Italia 2014.
Gianni Di Gregorio è un fuori tempo-fuori spazio, un Rocco Papaleo con qualche anno in più, è il Luca Carboni del cinema italiano, accomunato al cantante da una calma olimpica a prova di bomba. “Buoni a nulla” è un elogio alla gente normale e al cinema semplice, un omaggio alle “persone silenziose”, citando nuovamente Carboni. Con diversi momenti davvero divertenti, che lo elevano di un paio di tacche sopra la media dell’italica commedia.