Lo scontro è totale, porta a porta. Lo sdegno apicale, passo dopo passo. Non c’è appartenenza che tenga quando vedi, specie in casa tua, che le differenze aumentano. Che i poveri sono sempre più tali e letterali ed i ricchi accrescono i loro tornaconti. E così la battaglia che Cgil reggiana sta sguainando come Tamerlano la sua scimitarra sfocia anche in terreni fino a ieri impensabili. Come, da ultimo, i contratti nelle coop di consumo, un tempo zone franche da violenti rivendicazioni lavorative contro i super-manager. Per la vicinanza di uomini e culture. Evidentemente la coop sarai sempre “tu” ma in molti non la sentono più “io”. Un esempio per dire che la coperta dell’economia è irrimediabilmente corta e che nessuna, ma proprio nessuna delle “caste” che sguazza o sguazzerebbe nel brodo grasso dei privilegi (relativamente alle condizioni generali) sembra capire un assioma di rara semplicità: se non si abbassa il proprio tenere di vita o si taglia qualche voce dalla lista dei privilegi, la cosa rischia di assumere dimensioni molto, molto serie. Così non lo sembrano afferrare i politici italiani che, nell’ultima manovra finanziaria, non hanno previsto se non “simbolicamente” sostanziali tagli alle loro buste paga e comunque a data da destinarsi. I costi pubblici di lorsignori continueranno a gravare, senza giustificazione alcuna, in modo insostenibile su una collettività paurosamente vicina alla soglia di povertà media. Non sembrano capire che una oggi improbabile ripresa di qualsivoglia credibilità rappresentativa passerà necessariamente dalla testimonia di un sacrificio, reale e personale, per quel “bene comune” di cui tutti indistintamente si riempiono la bocca nei convegni. Per poi sciacquarsela col colluttorio nei bagni delle Camere o delle anticamere del potere e sputare la conseguenza del gargarismo nella fogna dove scorre il fiume nero delle promesse perdute e delle false intenzioni. Vale per tutti; dalla classe di governo a quella imprenditoriale fino al lungo elenco delle istituzioni (anche morali), ivi compresa la Chiesa. Per non parlare, sempre a proposito dei super-manager, di coloro che detengono le redini di importanti società, pubbliche, private o miste (cui raramente si accede per meccanismi meritocratici) e che gestiscono servizi essenziali. I cui profumatissimi stipendi esulano dal gradimento del pubblico o dalle semplici regole di mercato. Restiamo in casa nostra? Ecco Iren, per esempio. L’evitare lo sfilacciamento definitivo della società dipenderà dai singoli atteggiamenti responsabili di chi decide nelle “lobbies”. Che proprio non si vedono
1 Luglio 2011
Noi, super barboni. Voi, super manager
Mentre il reggiano medio si impoverisce, le “caste” innalzano l’asticella dei propri privilegi. Serve uno scatto di testimonianza
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