Noi però non dimentichiamo nemmeno questa: piazza Tienanmen

Commemoriamo giustamente gli orrori nazifascisti ma una parte (a Reggio anche considerevole) dell’opinione pubblica sorvola bellamente sulle atrocità dei regimi ex e/o post comunisti. 34 anni fa il massacro di studenti in piazza Tienanmen. Ove i cingolati inviati dal Partito comunista cinese stritolarono migliaia di giovani innocenti che manifestavano per i loro diritti. Ancora oggi in Cina chi parla di quei fatti (celebrati come vittoria nazionale) viene incarcerato. Quel giorno, reso iconico dal giovane disarmato che si parò davanti alla fila dei mezzi corazzati, rappresentò la fine del “secolo breve” (secondo lo storico marxiano Eric Hobsbawm). Fu l’inizio della fine del Patto di Varsavia e dell’Unione sovietica nonostante l’allora giovane ufficiale del Kgb Putin, nella Germania orientale ancora sotto l’Urss, chiese a Mosca di poter sparare sulla gente che picconava il famoso muro. Per ricordare a chi oggi, mentre il mondo assiste al tentativo di genocidio di un popolo su un altro, quello ucraino, si volta dall’altra parte, si atteggia a neneista o peggio filoputiniano e si inserisce nel filone antistorico del complottismo veterosovietico o in quello neodemenziale del presunto nazismo ucraino. Per ribadire loro come, nazifascimo e comunismo siano entrambi storicamente ed antropologicamente anti-umani

Il 4 giugno 1989 a Pechino, in Piazza Tienanmen, dove nella notte i carri armati e le mitragliatrici dell’Esercito Popolare erano intervenuti per ordine del Partito Comunista uccidendo e stritolando sotto i cingolati migliaia di manifestanti inermi, in gran parte studenti, una colonna di blindati avanza in pattugliamento nella piazza ormai deserta, quando accade l’imponderabile…Improvvisamente da un lato della strada sbuca uno sconosciuto, un giovane con la camicia chiara e due borse della spesa.

Nell’incredulità dei fotografi che osservano la scena da lontano con i loro teleobiettivi, il giovane si ferma esattamente in mezzo alla piazza, davanti al carro armato che guida la colonna dei blindati. Quel giovane sta affrontando il martirio con assoluta consapevolezza. I militari hanno già compiuto una delle più sanguinose stragi del XX secolo, la sua vita, e lui lo sa bene, è solo un fuscello nel vento scatenato dalla tempesta di un potere spietato e brutale, quello del Partito Comunista Cinese. Ma il carro armato si ferma. Invece di schiacciare il resistente solitario, scarta su un lato. E allora il giovane agita le braccia e si sposta a sua volta, per sbarrargli simbolicamente la strada. Sale sulla torretta del cingolato! Dopo pochi secondi carichi di una tensione indicibile, due uomini vestiti di scuro intervengono e prelevano quel giovane.

I blindati riprendono la loro marcia, ma intanto si sono fermati, sono stati bloccati da un ragazzo disarmato. La sconfitta simbolica, e perciò tanto più potente, totale e definitiva, della forza bruta contro il coraggio della libertà. Nessuno saprà mai quale sia stato il destino di quel giovane, anche se quasi certamente sarà stato giustiziato nello scantinato di qualche caserma, visto che nessuno ha mai saputo più nulla di lui. I fotoreporter che, da diverse angolazioni, immortalarono quel momento hanno consegnato ai posteri uno dei momenti più iconici del XX secolo. Furono cinque: Jeff Widener, Charlie Cole, Stuart Franklin, Arthur Tsang Hin Wag e l’operatore della CNN Jonathan Schaer. Quel giovane disarmato dimostrò una volta per tutte che il potere più dispotico non può mai sopprimere il desiderio di libertà che alberga nell’essere umano. Ma soprattutto, lo shock provocato al mondo dall’orribile strage di Tien an Men e l’impressione universale generata da quel giovane coraggioso, da allora noto come “Tank Man”, hanno cambiato il corso della storia. Tien an Men dimostrò che il comunismo, cioè qualsiasi sistema politico ed economico basato sulla soppressione delle aspirazioni di libertà dell’individuo e sulla dittatura di un partito, era irriformabile. Quel giorno iniziò la fine del “secolo breve”, come lo definì lo storico marxiano Eric Hobsbawm, che aveva preso il via nel 1914 con la prima guerra mondiale seguita dalla Rivoluzione Bolscevica. Pochi mesi dopo Tienanmen, i Sovietici, all’epoca guidati da Gorbaciov, dinnanzi ai berlinesi che manifestavano pacificamente davanti al Muro di Berlino si rifiutarono di emulare i loro “compagni” cinesi, e aprirono le porte del Muro, dando via al processo rapidissimo e inarrestabile della dissoluzione del Patto di Varsavia e dell’Unione Sovietica nel 1991.

Come è noto, Putin, che allora era un giovane ufficiale del KGB nella Germania Orientale ancora occupata dall’URSS, chiamò Mosca chiedendo l’autorizzazione a sparare sulla gente, ma dal Cremlino arrivò un no. In Italia anche il Partito Comunista cambiò il nome che resisteva da 68 anni, e decise di chiamarsi Partito Democratico di Sinistra, a voler segnare una presa di distanza, comunque tardiva, da quel movimento politico mondiale che aveva prodotto mostruosità come la Repubblica Popolare Cinese e l’URSS. Sono trascorsi 34 anni da quel massacro: i partiti di estrema sinistra si presentano alle elezioni in Occidente assumendo denominazioni che comunque non contengono riferimenti al comunismo, a causa del discredito e della fama sinistra che accompagnano tutti i regimi comunisti che si sono storicamente realizzati.

Ancora oggi chiunque parli in pubblico in Cina del massacro di Tien an Men viene immediatamente arrestato. Quel giorno e quella notte, secondo la versione ufficiale propagandata tuttora dal regime di Xi Jinping, “bande controrivoluzionarie causarono disordini stroncati dall’Esercito Popolare”. Ma Tank Man, anche se molto probabilmente non ha mai fatto in tempo a saperlo, con quel suo gesto ha cambiato la storia dell’umanità.

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