Milano – Perché i No-Global il 1° maggio a Milano manifestavano contro Expo 2015? Lo dice il loro nome stesso: manifestavano contro la globalizzazione. Più precisamente contro le multinazionali depredatrici dei Paesi poveri e devastatrici del pianeta, per una economia “a chilometro zero”. Cioè sostanzialmente per il modello dell’economia curtense risalente al medioevo profondo, prima delle crociate e di Marco Polo.
Per poter organizzare e attuare le loro manifestazioni, certo, e probabilmente anche per molte altre loro attività, i No-Global usano telefonini, aerei, automobili e treni ad alta velocità prodotti esclusivamente da grandi multinazionali. Ma questo è un ostacolo logico facilmente superabile: si combatte il Male utilizzando i suoi stessi strumenti.
Meno facilmente superabile è forse la constatazione che per lo sviluppo dei Paesi poveri, nell’ultimo secolo, ha fatto più la globalizzazione che tutte le iniziative filantropiche messe insieme. Ma diranno che non è così, che questa affermazione è solo un frutto del “pensiero unico” liberista dominante. C’è però una circostanza preoccupante che i No-Global non possono negare: la perfetta coincidenza dei loro obiettivi fondamentali con quelli dell’Isis: anche gli incappucciati della Jihad si propongono essenzialmente di combattere la contaminazione del mondo islamico da parte della cultura occidentale, difendendo quel tanto di medievale che ancora lo caratterizza e bloccando la globalizzazione.
Gli uni coi caschi neri, gli altri coi burqa e i passamontagna, tutti insieme contro la modernità e per un mondo in cui ciascuno resti rigorosamente a casa propria. Gli uni e gli altri, però, alla disperata ricerca di uno spazio nella comunicazione globale, attraverso quelli che sono i suoi strumenti per eccellenza: la televisione e Internet.
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