No alla riforma del Mes: l’Italia si è messa fuori dalla leadership europea

Il nuovo Patto di stabilità è stato definito da Germania, Francia e Spagna
TLB courtesy: 05/10/2021 – Simest |

L’Italia ha votato contro il Mes. In effetti non è proprio così. L’Italia ha da tempo ratificato il Mes. Ciò che non ha votato è la “riforma” del Mes che, a parte alcuni meccanismi tecnici di gestione, prevedeva l’utilizzo del Mes a sostegno delle crisi finanziarie delle Banche. Cioè, come nel caso delle crisi degli Stati, il Mes sarebbe potuto intervenire per aiutare il Fondo di risoluzione privato delle Banche nel sostenere le possibili crisi bancarie. Quindi l’Italia si è opposta ad ampliare i compiti del Mes considerando fuori dal proprio “interesse nazionale” il sostegno alle crisi bancarie.

Ci si potrebbe fermare qui nel giudicare il significato della presa di posizione del Parlamento italiano. Sappiamo tutti che in caso di crisi finanziaria degli Stati è difficile non assistere a contemporanee crisi del sistema bancario. Le banche europee sono piene, nel loro capitale, di titoli di stato. Ed è evidente che perdite di valore repentine di tali titoli non possono che creare elementi di crisi anche nelle Banche. Ed è questo il senso della riforma del Mes. Ma molto probabilmente molti parlamentari non sanno neppure il senso di cosa hanno votato. Gli è stato sufficiente lo slogan di Salvini: “non vogliamo pagare le crisi delle Banche tedesche”.

Quello di Salvini è uno slogan “truce”, nel senso che ammicca e svillaneggia qualche “nemico del popolo” a favore della “rabbia” di tanti cittadini italiani che, nella loro frustrazione quotidiana legata al senso di impotenza e di debolezza del paese in questa fase storica, hanno bisogno di prendersela con qualcuno “fuori da sé”. E cosa di meglio c’è che prendersela con l’odiato tedesco. Eh si, quello che fa tutto bene, che ha un debito meno della metà di quello italiano e che , quando si tratta di prendere decisioni importanti a livello europeo, sta sempre al centro delle trattative.

Gli slogan di Salvini non sono mai lanciati “a caso”. E sono generalmente molto “popolari” se è vero che hanno costretto anche Meloni e ancora di più Taiani ad aderire in qualche modo al messaggio di fondo. Pochissimi italiani conoscono il Mes davvero e pochissimi sono in grado di capire i vantaggi e gli svantaggi della sua esistenza e della attuale riforma. E’ quindi facile usare il Mes come un feticcio e farlo diventare il simbolo di una battaglia della “nazione italiana” contro i burocrati europei e contro l’asse che governa l’europa nel quale l’Italia anche questa volta è rimasta fuori.

Meloni e i giornali e le Tv di supporto ci hanno presentato una Meloni fortemente “dentro” il palazzo europeo ed internazionale. Strette di mano, colloqui privati, facilitati anche dalla padronanza linguistica, foto ricordo ci hanno parlato di una leader finalmente rispettata nel Mondo e in Europa e di un ribaltamento copernicano: l’Italia non segue più ma viene seguita dai principali leader nelle proprie richieste di sovranità e di interesse. In effetti così non è andata e il famoso “pacchetto italiano” si è disciolto fra le nebbie di Bruxellles. Il nuovo Patto di stabilità e crescita è stato definito da Germania, Francia e Spagna è l’Italia ha contato poco o nulla.

Ma cosa chiedeva di preciso l’Italia? Non si sa bene. Di fatto chiedeva “qualunque cosa” le permettesse di spendere di più senza copertura fiscale a prescindere da cosa fosse: investimenti in generale, spese per il sostegno all’Ucraina, interventi per le transizioni digitale, verde ed energetica. Insomma, la visione era un po’ confusa, ma si capiva che mirava solo ad avere più possibilità di debito per sostenere proprie politiche nazionali.

Ed è incredibile che, parlando di crescita, questa destra sovranista aderisse al 100% alla “vulgata keynesiana” da bignami dell’economia che per avere più crescita si deve avere più debito. Non ci sono altre vie. Mai si è sentita una parola sul valore delle riforme in tema di spinta alla crescita economica (si pensi a serie riforme sulla concorrenza e sull’apertura dei mercati) e sul valore degli interventi di moderna politica industriale in tema di innovazione tecnologica e di qualificazione delle competenze del capitale umano del paese.

Insomma, l’Italia di fatto ha chiesto un po’ di soldi in più per rispondere alle tante promesse fatte ai cittadini in campagna elettorale ed è parsa poco credibile in tema di controllo del debito. E per questo è stata ininfluente. La risposta un po’ da “monello indispettito” di votare contro la riforma del Mes non fa che rafforzare, agli occhi dei cittadini degli altri paesi europei, il pregiudizio di un’Italia velleitaria, debole di fatto inconcludente. Anche perché di fronte al no alla riforma del Mes fondata sullo “slogan truce” del “non vogliamo pagare le banche tedesche” il cittadino tedesco medio potrebbe rispondere con due riflessioni. La prima, molto sui contenuti, potrebbe essere del tipo: ma siete proprio sicuri che le vostre banche siano fuori dal perimetro della crisi? E qui si aprirebbe un discorso lungo e complesso, difficilmente sintetizzabile in uno slogan. La seconda riguarderebbe invece il Pnrr e potrebbe essere così formulata: ma perché io ho pagato le risorse a fondo perduto per i tuoi investimenti e tu, in caso di crisi, saresti invece contrario a pagare il mio sostegno? E anche qui non so fino a dove potremmo andare con i “botta e risposta”.

L’Italia non ha fatto una bella figura. L’Italia è fuori dal gruppo dei paesi che guideranno l’Europa. O la Meloni capisce questo punto, e abbandona le spinte distruttive di Salvini, a tutto vantaggio di un suo possibile ruolo nel ridisegnare l’Europa del futuro o saranno tempi magri per il paese. Anzi per la nazione italiana

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