Firenze – Insieme ad un collega filosofo del diritto e ad un economista mi sono recentemente chiesto dove va il calcio italiano (AA.VV., Dove va il calcio italiano? Filosofando prima e dopo l’apocalisse, Thedotcompany). Ulteriori indicazioni morali e paideutiche, sempre sulla falsariga del “prenderla con filosofia”, si trovano ora ne La partita perfetta. Filosofia del calcio di Corrado Del Bò e Filippo Santoni de Sio (Utet libreria).
Allo sguardo filosofico su quel che resta del calcio nell’èra della globalizzazione, La fine del calcio italiano di Marco Bellinazzo (Feltrinelli) aggiunge infine l’indispensabile conoscenza economica e sociologica. Dunque ce ne sono in giro di strumenti per raccapezzarsi in questo vasto mondo in trasformazione che è il “neocalcio”, come l’ho chiamato nel mio contributo al libro sopra citato. Eppure, le coscienze di tutti noi tardano a sintonizzarsi con quello che sta succedendo, e finiscono per confondere i piani e per rendere incerte e inadeguate perfino le nostre reazioni emotive.
Il caso Ronaldo, per esempio. Siamo ancora caldi del sussulto adrenalinico e del piacere estetico a seguito della rovesciata funambolica che Ronaldo inflisse alla Juve in un epico quarto di Champions, e ora siamo incerti se gioire o se disperarsi per l’affaire del secolo, quello che dovrebbe portare GR7, appunto, alla Juve. E non è una questione di bandiera. Lo sconcerto non è per il “tradimento” del madridista che si vende al nemico; è semmai quando si cerca di fornire al fatto (o al da fare) una giustificazione razionale. È lì che si incappa nel turbamento, nel non saper come reagire, più che nella dissonanza cognitiva. Perché poi in fondo, alla coscienza (e all’inconscio) di un tifoso che ama spassionatamente il calcio come gioco, cosa gliene può importare di un Ronaldo business senza eguali nel mondo del merchandising e della finanza, o di un Ronaldo testimonial della Ferrari, o di un Ronaldo che metterà la Juve al centro del mondo dei media?
Quel tifoso, dopo un momento in cui è tentato dall’esultanza, riflette e si dice: ma al posto di chi giocherà questo monte di milioni? Di Higuain? Ma se appena due stagioni fa Higuain è arrivato più o meno con le stesse credenziali di Ronaldo (36 reti l’anno in dote) e con lo stesso crisma dell’affare economicamente superlativo, cosa può promettere di più Ronaldo? E a che costo tattico, visto che se Higuain ultimamente non sembrava all’altezza non era per suoi limiti, ma perché il centrocampo della Juve non riforniva le punte a sufficienza? Ma l’avete registrato il lavoro “sporco” e “straordinario” a tutto campo che sono stati costretti a fare quest’anno Higuain, Dybala e Manzukic per rendersi utili alla causa? E un Ronaldo reduce da un’annata iniziata con cinque giornate di squalifica (che hanno pesato eccome sul campionato perso dal Real) e che ha cominciato a giocare sul serio tra gennaio e febbraio in vista degli impegni “da pallone d’oro”, saprà davvero mettersi al servizio delle esigenze della Juve? E Allegri, che da ora se perde perde nonostante Ronaldo e se vince vince perché c’è Ronaldo, potrà crederci ancora nel suo lavoro? Ma sono tutte domande mal poste, perché questo è il calcio “giocato” ai tavoli tra Pechino, le Caiman, Londra e Madrid, non quello all’Allianz Stadium che avvince il tifoso.
Noi tifosi, a Firenze, non abbiamo di questi problemi. La nostra economia societaria è ancora quella del baratto, tutt’al più della cambiale. Le emozioni che ci si confanno sono lo sconforto e l’indignazione; o, quando siamo incoscienti, la speranza. Eppure un gol alla Juve di un Pjaca incautamente ceduto alla Viola dalla Juve, mentre Milenkovic e Pezzella “ingabbiano” Ronaldo, è nell’ordine normale delle cose! In questo caso le emozioni saprebbero bene come manifestarsi. E allora apprestiamoci, noi poveri, a suonare le nostre campane. Rispondiamo a Ronaldo con Vlahovic, che se non altro da oggi giocherà tredici anni più del collega milionario, e poi speriamo che Pjaca ci consoli davvero con quella piccola perfida vendetta. Sognando un giorno di svegliarci Leicester.