
Apparivano un po’ provati e un po’ rassegnati Andrea Capelli e Lanfranco De Franco, rispettivamente capogruppo e consigliere Pd dentro al Caffè Europa al termine della lunga giornata di confronto coi cittadini indignati dai super compensi Iren.
Nonostante la buona volontà dimostrata, i tavoli di confronto, l’interruzione dei lavori di sala Tricolore, mentre il sindaco Luca Vecchi cercava di rabbonire in sala giunta i residui scampoli di una delegazione formata da sindacalisti e da alcuni piccoli azionisti della multiservizi, in cuor loro la nuova classe dirigente del partito sa bene che il complesso meccanismo politico per cui è nata e su cui si basa l’alleanza politico-finanziaria di alcune città a targa Partito democratico è impossibile da scardinare. E che bisognerà accontentarsi e cercare di accontentare la gente servita da Iren con tentativi e buoni propositi molto probabilmente destinati a restare inascoltati nelle stanze dei bottoni irenici. Dove gli azionisti come i comuni possono avere sì voce ma al massimo appunto “voce di uno che grida nel deserto”.
Non c’è patto di para o proto sindacato che tenga: bisognerebbe far tornare indietro le lancette della storia e rivedere la genesi della trasformazione in Iren ai tempi di Graziano Delrio i cui uomini hanno ancora un peso enorme dentro la multiutility. In sintesi, non se ne esce. E ci si dovrà accontentare dello spettacolo di arte varia di alcuni volenterosi amministratori di ultima generazione che cercano di districarsi nelle galassie irregolari di via Nubi di Magellano.