Firenze – ‘Ndrangheta in Toscana, l’allarme è forte. Tuttavia, “ancora la stragrande maggioranza delle imprese è del tutto immune da infiltrazioni, ma bisogna cercare di evitare di continuare a trascurare il fenomeno”. A dirlo è Giuseppe Creazzo, procuratore capo di Firenze, intervenendo all’incontro online ‘L’eredità di Gabriele Chelazzi nel contrasto al crimine organizzato’, a 18 anni dalla morte del magistrato che coordinò le indagini sulle stragi mafiose del 1993.
Argomento clou di questi giorni, Creazzo nel suo intervento ha parlato dell’inchiesta della Dda di Firenze, da lui guidata e che ha messo in luce le infiltrazioni della ‘ndrangheta in Toscana. “Quella della impresa mafiosa – ha ricordato – non è una concorrenza leale, è una concorrenza sleale che scardina l’economia sana. Di questo credo che ci si debba rendere conto in territori come i nostri”.
Insomma, per Creazzo il vero pericolo è sottovalutare il fenomeno delle infiltrazioni. Trascurare il fenomeno sarebbe infatti una mossa letale, da evitare per “salvare una terra che ancora ha amplissimi margini di salvezza ma dove, i fatti lo dimostrano, il pericolo c’è, è imminente, e non è più il caso di tenere chiusi gli occhi o di minimizzare, perché minimizzando si fa il più grande favore possibile alle organizzazioni mafiose”.
Sulla questione dell’allarme circa le infiltrazioni mafiose in Toscana, ieri il presidente della Fondazione Caponnetto, Salvatore Calleri, aveva dichiarato, puntando il dito sulla classe politica toscana: “I nostri report, negli anni, ci hanno reso antipatici a molti, ma avevamo e abbiamo ragione. L’importante operazione antimafia di ieri mi auguro faccia aprire gli occhi alla classe politica e sociale della Toscana. Con questa operazione si è rotto, per molti, un tabù: i rapporti tra mafia e politica in Toscana, a prescindere che questi vengano o no giudicati un reato, non sta a noi dirlo, esistono”.
Circa la complessa operazione, che, ricordiamo, ha visto Carabinieri e Dda di Firenze stroncare le attività criminali della cosca Gallace arrestando ben 23 persone, mentre, fra i 19 indagati, ci sono il capo di gabinetto Ledo Gori (sospeso dall’incarico) per corruzione e il dirigente della Direzione Ambiente Edo Bernini oltre a Giulia Deidda, sindaco di Santa Croce sull’Arno e al consigliere regionale Andrea Pieroni, il presidente Calleri evidenzia le tante conferme emerse. “Abbiamo avuto la conferma, lo diciamo da 8 anni, che abbiamo una nostra terra dei fuochi, con lo sversamento di 8000 tonnellate di rifiuti tossici; la conferma che le mafie mirano ad occupare le organizzazioni di categoria; abbiamo avuto la conferma che le mafie usano il porto di Livorno. Lo diciamo da anni”. Inoltre, prosegue Calleri, “La classe politica toscana, in buona parte, benché avvertita, se ne è fregata dei nostri allarmi fino al punto che oggi la Toscana è divorata dalla mafia. Le forze dell’ordine e la magistratura possono agire celermente come in questo caso, ma prevenire è compito delle classi dirigenti che in Toscana, purtroppo, hanno fallito”.
L’inchiesta coinvolge elementi di vertice dell’Associazione Conciatori di Santa Croce sull’Arno i quali, secondo l’accusa, rappresenterebbero il fulcro decisionale di tutto l’apparato messo in luce dalla complessa indagine.