Volterra – La Compagnia della Fortezza compie 30 anni. Era il 1988 quando Armando Punzo entrava nel carcere di Volterra da dove non sarebbe più uscito. Dando vita a una delle più singolari e straordinarie avventure teatrali del Novecento.
“La lunga esperienza della Compagnia, sviluppata in tutti questi anni, ha modificato geneticamente un carcere che in passato era noto per la sua durezza e il suo isolamento” ha dichiarato Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti della Regione Toscana che insieme alla Fondazione Michelucci sponsorizza il progetto di creazione di un teatro stabile all’interno della struttura carcerar volterrana.
Un “sogno” a lungo accarezzato da Punzo che sembra giunto in dirittura d’arrivo: lo spazio è stato individuato, i piani di fattibilità, mappe disegni rendering, sono sui tavoli di Ministero e Regione, il precedente della casa circondariale di Genova Marassi al cui interno (primo in Italia) è sorto il Teatro dell’Arca, rafforza gli obiettivi.
“Possiamo dire con soddisfazione – scrive Monica Barni, vicepresidente della Regione Toscana – che la Compagnia della Fortezza ha inaugurato la sua attività insieme e con la Regione al suo fianco. E’ importante sottolineare questo elemento in quanto possiamo consapevolmente affermare che, insieme, abbiamo affrontato momenti difficili, attimi di soddisfazione, anni in cui ci siamo sentiti pionieri ed anni in cui ci siamo sentiti combattenti. Forse questo trentesimo anno ci vede di nuovo combattenti, uniti, con tutti gli attori del sistema pubblico territoriale e non, per raggiungere il prestigioso obbiettivo di costruire il Teatro Stabile nella Fortezza di Volterra”.
Nell’attesa ecco il nuovo capitolo, Naturae, che debutta nel cortile del penitenziario il 30 luglio (repliche fino al 3 agosto). Cosa dobbiamo aspettarci? Se pensiamo a Punzo e alla sua esperienza le prime parole che vengono in mente hanno a che vedere con una certa idea di teatro, disincagliata dalla routine della normalità quanto ancorata ai perimetri della diversità. Per un teatro più vero e paradossalmente più libero.
Il corto circuito che qui puntualmente si innesta ogni volta sotto il sole di luglio è l’esempio pratico, il paradigma operativo di un progetto a lungo ritenuto impossibile: il carcere che attraverso il teatro, la finzione del teatro, nel chiuso delle sue mura, prigioniero delle sue inferriate, acquista un inedito spazio di libertà. E di veridicità. Punzo lo sa, le istituzioni lo sanno, i detenuti lo sanno. O meglio, in questi trenta anni, hanno imparato a saperlo.
A esserne consapevoli. Tanto che a Volterra, l’abusata e un po’ spiccia formula del “teatro in carcere”, è diventata una cosa seria, un’altra cosa: un giacimento di sopravvivenza, una polveriera di imperfezioni per meglio scoprire chi siamo. Punzo come sempre ha le idee chiare. Ma la quadratura del cerchio, l’andare in scena, è un continuo divenire. Una somma di coincidenze e circostanze. Di “occasioni” per dirla con Montale.
Intanto si comincia da dove si era arrivati. Dall’ultimo approdo, quella Beatitudo che chiudeva l’edizione dello scorso anno. Lì si citava Borges e il suo labirinto di inquietudini. Qui si riavvolge e si nega Shakespeare, il Dopo la tempesta di cinque anni fa per rimetterlo in gioco nel frullatore borgesiano. “Siamo in un limbo – dice Punzo – un luogo di riflessione dove ci si interroga su cosa faranno l’uomo e il bambino che avevamo lasciato l’anno scorso al limite delle macerie e all’alba di un nuovo giorno. Ci avevano lasciato con una sorta di promessa: voglio sognare l’uomo e imporlo alla realtà.
Ecco è quello che ora cercheremo di fare. Non c’è un autore di riferimento in Naturae, ce ne sono tanti ma al centro c’è l’uomo che storicamente tenta di allontanarsi da sé”. Punzo combatte contro l’omologazione, contro il repertorio: “Troppo facile essere violenti, gelosi, invidiosi, cattivi: in carcere poi. La vera sfida è appropriarsi di altre consonanze, l’armonia, lo stupore, l’equilibrio, l’innocenza. Ci riusciremo?”.
Il percorso della Fortezza 2019 si completa con la presentazione a cura di Rosella Menna del libro “Un’idea più grande di me” (Editore Luca Sossella), che ripercorre la trentennale quotidianità di Armando Punzo con la realtà carceraria di Volterra. Per saperne di più www.compagniadellafortezza.org
Foto: Armando Punzo e Monica Barni