Ormai ci siamo: la mangiatoia nella capanna, sopra il pianoforte, è pronta a ricevere il Re del mondo. Dall’altra parte della stanza si erge l’albero di Natale, che ogni anno che passa sembra più basso. Ho guardato i miei figli costruire da soli il presepe, quest’anno, con un misto di soddisfazione e di sollievo. Insieme siamo andati in cantina a recuperare il materiale, poi abbiamo scartabellato fra cartoni impolverati e sacchetti di plastica per setacciare i rimasugli di Natali passati e trattenere i personaggi essenziali alla rappresentazione. Dopodiché hanno preso l’iniziativa loro e se la sono cavati più che bene, a parte il fatto che alla fine delle operazioni nessuno si è offerto di spazzare il pavimento disseminato di aghi di pino posticci e di fili di muschio fossile. Vederli preparare quasi concordi la nascita del Salvatore, comunque, ha riaccompagnato i miei pensieri alle loro nascite, a ciascuna singolarmente.
La nascita è sempre portatrice di stupore, anzi è meraviglia allo stato puro. Reca sempre scompiglio, frenesia, preoccupazione, stravolgendo i ritmi di genitori, fratelli, nonni, perché bussa con la sua novità alle porte del mondo sempre distratto e frettoloso per aggiungere mistero al Mistero.
Quanto è dissennato pensare di avere capito tutto della nascita solo perché la scienza ci ha spiegato la meccanica della fecondazione, o perché le leggi permettono di surrogare la naturalità di questo evento. Lo straordinario di ogni nascita è che avviene comunque in un territorio che sfugge al pieno controllo umano, è sempre un fatto “sacro”.
Anche chi non crede in Dio o ha una sua religiosità non riconducibile al cristianesimo è condotto dalla nascita di un suo simile a ripensarsi figlio. Il cuoricino di qualsiasi neonato – che sia sano o malato, prematuro o cicciottello, desiderato o no, che nasca in una metropoli o in una foresta, in luogo pacificato o in guerra – è un orologio che scandisce un tempo nuovo. Un battito impercettibile ci ricorda il saggio dovere di contare i nostri giorni. È comunque un messo celeste, l’ennesimo, che viene a dirci con la sua debolezza che respingerlo è idiota, che non ha senso uccidere i propri simili, che nessun delirio di onnipotenza o gruzzolo in banca porterà mai all’uomo un’oncia della felicità che gli può dare, gratis, il diventare padre o madre, nel senso più ampio, quindi anche spirituale, di cui può colorarsi la parola “fecondità”.
Nel tornare umilmente al Bambino, l’uomo può tornare bambino. Non per recuperare l’innocenza perduta, o per essere più libero di “fare i capricci”, ma per riscoprirsi mistero e far brillare la cometa Speranza sopra l’opacità dei giorni. Buon Natale!
Con questa puntata la rubrica quindicinale “Family man”, che ha debuttato su 7×24 la vigilia di Natale del 2013, si congeda in punta di piedi. Due anni era la durata prevista dall’accordo con questo sito web, un accordo che, per quanto libero e informale, ho voluto onorare. Ringrazio il direttore Gianfranco Parmiggiani per avermi ospitato e tutti i navigatori che hanno letto e commentato questo piccolo spazio dedicato alla bellezza della famiglia.
Con amicizia, Edoardo Tincani
Noi ringraziamo Edoardo Tincani per la disponibilità, la competenza, la professionalità e l’originalità dimostrate una volta di più in mezzo a mille impegni, merce rarissima di questi tempi. Sappiamo di una iniziativa editoriale che ci inorgoglisce e che presto lo stesso Edoardo preciserà. Il suo però, come ci ha promesso, è un arrivederci. Lo aspettiamo prossimamente sulla testata nella categoria degli interventi.
Con stima e amicizia
Gianfranco Parmiggiani