“Due magnifici tacchini ripieni di tartufi (…) fagiani, upupe, galli cedroni, galli cedroni (…)
anguille, carpe dorate, trote”. È questo che offre il diavolo sotto le false sembianze di chierico al priore dei Barnabiti, Don Balaguère, la notte di Natale nel racconto Le tre messe lette (“Trois messes basses”) dello scrittore e drammaturgo francese Alphonse Daudet (1840-1897). Nel racconto il diavolo tentatore, che offre le pietanze solo dopo l’orazione delle tre messe basse a Mezzanotte, riesce infine a impadronirsi dell’anima di Don Balaguère, il quale non resiste alla sua golosità e si abbuffa fino alla morte. Un sinistro monito per i peccatori nel giorno dell’Avvento.
A tinte fosche è anche il racconto natalizio “Le noël du petit joueur de violon” (“Il Natale del
piccolo violinista”) del belga Camille Lemonnier (1844-1913). Lemonnier, conosciuto per il suo sforzo di documentare con il cugino pittore e disegnatore Félicien Rops la distruzione umana e materiale sul fronte di Sédan al termine della guerra franco-prussiana del 1870 nell’opera “Les Charniers”, evoca nel racconto del 1873 la sorte di un orfano: Francesco. In una città della Vallonia mineraria ed industriale, il piccolo senzatetto, di origini probabilmente italiane, suona il violino per racimolare qualche centesimo. A causa della mentalità del profitto borghese senza cuore di Monsieur La Chapelle, Francesco non riceve ospitalità nella fredda notte invernale ed il suo cadavere assiderato viene ritrovato il 25 Dicembre sulla soglia di casa di Monsieur La Chapelle. Un chiaro “J’accuse” dunque a una certa mentalità avara ed egoista della borghesia senza scrupoli.
Non è meno inquietante il Natale di Guy de Maupassant (1850-1893). Nel suo Conte de
Noël (“Racconto di Natale”) pubblicato sulla rivista “Le gaulois” nel 1882, il dottor Bonenfant,
medico della provincia normanna, testimonia in prima persona un miracolo. La moglie del fabbro del villaggio, dopo avere mangiato del pane comprato dal marito, inizia ad avere le convulsioni gridando di essere posseduta dal demonio. Né l’intervento del dottor Bonenfant né quello del sacerdote possono niente: soltanto la Messa di Mezzanotte sembra liberare la donna, che due giorni dopo la Vigilia ha dimenticato l’accaduto.
Nella letteratura francese dunque l’evocazione del Natale è, come nella controparte tedesca, alquanto inquietante.
La letteratura natalizia per l’infanzia si sviluppa invece nel segno della carità e del mistero, mettendo però da parte il lato più oscuro della produzione per adulti.
“Gli zoccoli del piccolo Wolff” (“Les sabots du petit Wolff”) del poeta, drammaturgo e romanziere François Coppée (1842-1908), pubblicato nel 1888 nei “Contes rapides” (“Racconti brevi”), narra la miracolosa storia del piccolo orfano Wolff. “In una città del nord Europa, il cui nome è così difficile 0da pronunciare che nessuno se lo ricorda”, Wolff è affidato ad una vecchia zia-strega benestante ma tirchia e ornata “di una grossa verruca sul naso”, che obbliga il piccolo a vestirsi di stracci. Vittima di angherie anche dei suoi compagni di classe, la vigilia di Natale, Wolff dona i suoi unici zoccoli ad una piccola figura angelica dormiente su una panchina vicino alla chiesa del paese e la mattina seguente il camino di casa straripa di giocattoli scintillanti, sacchetti di magnifici dolciumi e ricchezze di ogni genere. Così gli abitanti del paese scoprono che l’angelo, a cui Wolff ha donato i suoi soli zoccoli non è altro che il Signore.
Ha lieto fine anche la rielaborazione del racconto “Lo Schiaccianoci ed il re dei topi” di E.T.A.
Hoffmann fatta dall’autore de “Il conte di Montecristo” e de “I tre moschettieri” nel 1844. Nella 0versione di Alexandre Dumas, “L’histoire d’un Case-noisette” (“Storia di uno schiaccianoci”), la piccola Marie combatte assieme al suo regalo di Natale, uno schiaccianoci, un esercito di topi: in una dimensione semi-onirica lo schiaccianoci è dunque un giocattolo che si è magicamente animato o un essere umano vittima di un terribile incantesimo che lo ha reso un oggetto? Meno allucinato della versione di Hoffmann, la storia di Dumas offre una versione più “addomesticata”, che ha per destinatari del racconto un pubblico giovane, come sottolinea chiaramente il comparatista Georges Zaragoza nel suo studio “Qu’est-ce qu’un conte pour enfants? Le Casse-noisette de Hoffmann et Dumas” (“Cos’è un racconto per bambini? “Lo Schiaccianoci” di Hoffmann e di Dumas”).
Sicuramente nella letteratura francese natalizia il grande assente è Babbo Natale, figura
emblematica delle festività studiata dall’etnologo e antropologo belga Claude Lévi-Strauss in un saggio uscito sulla rivista « Les Temps modernes » nel Marzo 1952. Lo studio muove da un fatto realmente accaduto la notte di Natale 1951 a Digione: dopo aver denunciato la “paganizzazione” della Natività cristiana oscurata dal personaggio commerciale di Babbo Natale, le autorità cattoliche organizzarono sul sagrato della cattedrale di Saint-Bénigne un falò delle vanità” di una riproduzione di Babbo Natale. A partire da questo fatto, Lévi-Strass si interroga sulle radici culturali di questa figura probabilmente discendente del re dei Saturnalia o di San Nicola, il santo che riporta in vita i bambini e fa loro dei doni.
Che triste fine per Babbo Natale in una cultura che ha dato alla luce i gioiosi “carols”, i canti di
Natale, che rimbombano in tutti i centri commerciali sotto le feste! Infatti i “carols” di tradizione inglese quali “God bless you merry gentlemen” e “Away in a manger”, che danno anche il titolo al romanzo dickensiano “Un canto di natale” (“A Christmas Carol”), derivano da una danza francese, la “carole”. Inoltre è interessante notare che la cultura natalizia d’Oltralpe è fortemente radicata nella musica perché la parola stessa per Natale, “Noël”, deriva da una forma di canto natalizio locale detta proprio “noëls” e che significa canto di natale. “Joyeux Noël” è peraltro il titolo del film di Christian Carion uscito nelle sale nel 2005 e nominato al miglior film straniero al Premio Oscar, che rimemora le molteplici tregue di Natale tra soldati tedeschi e inglesi (e anche in misura minore francesi) la notte di Natale del primo anno della Grande Guerra. Il 24 Dicembre 1914 i soldati sul “fronte Occidentale” si ritrovarono nelle terre di nessuno per scambiarsi qualche dono e giocare a calcio, consapevoli che pochi giorni dopo avrebbero potuto essere brutalmente uccisi dal compagno di squadra.