E giustamente il Prof.Pira ha sottolineato che Napoleone era capace di motivare i propri soldati ma anche “ di organizzare tutto nei minimi particolari anche le feste da ballo[.. L’imperatore ha saputo coniugare strategia comunicativa e sensibilità giornalistica riuscendo a imbastire tecniche di self marketing capaci di precorrere i tempi”.
In un mio libro intitolato, appunto, “Napoleone in sala stampa” (Firenze, 2012) e che analizza episodi della storia, di varie epoche, dal punto di vista della strategia d’immagine, ho ricordato la sera che precedette la battaglia di Austerlitz: Bonaparte attraversò a piedi gli accampamenti per tornare al suo bivacco: un soldato accese una torcia per controllare chi passava attraverso le linee. All’incerta luce delle fiamme lo riconobbe e gridò viva l’imperatore! Dagli altri bivacchi migliaia di voci che si propagarono come un’eco; migliaia di torce si accesero, come un’onda, per tutta la collina. Il grido “viva l’Imperatore!”, che rimbalzava di colle in colle, apparve al nemico un sinistro presagio.
Mentre i suoi generali avevano uniformi vistose, Napoleone indossava spesso la divisa da soldato semplice. I soldati capivano che non erano le spalline ma il genio strategico a legittimare la sua autorità. Condivideva il rancio della truppa e le marce, cadeva sfinito sul letto da campo e i suoi uomini lo adoravano. Lo chiamavano il Piccolo caporale e per lui si gettavano con foga nella mischia (non erano gesti “simbolici” perché in varie battaglie rischiò la vita esponendosi in prima linea)
Anche quando si proclamò imperatore, Napoleone si dimostrò geniale. Evitò di restaurare il titolo di re che avrebbe comportato un paragone con la precedente monarchia facendolo apparire un usurpatore ai legittimisti e un emulo dei Borbone ai repubblicani. Invece, l’Impero era un assetto istituzionale completamente diverso dall’Ancien Régime (non a caso scelse di essere chiamato Imperatore dei francesi anziché della Francia): una monarchia che non rinnegava la Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e le conquiste della rivoluzione ma prometteva ordine, stabilità, prestigio internazionale .
La coreografia imperiale, contribuì al mito napoleonico e blandì le aspettative dei francesi che volevano coniugare il prestigio, la grandeur dello Stato con l’orgoglio repubblicano, essere citoyens anziché sudditi.
Bonaparte fu il primo a capire che doveva tenere conto dell’opinione pubblica e utilizzò le strategie di comunicazione in modo esemplare come quando, dopo, Marengo scrivendo il bollettino della vittoria, evitò che si avesse sentore del suo errore di valutazione e della serie di circostanze fortunate che aveva impedito una disfatta. Marengo apparve a Parigi e a Vienna una prodigiosa mazzata ed è passato alla storia come una di quelle battaglie che da sole decidono una guerra.
C’è però da dire che Napoleone le battaglie le vinceva davvero e poiché, come dicono gli inglesi, “la prova dell’esistenza del dolce è il fatto che lo stai mangiando” la sua strategia di comunicazione era avvalorata dai fatti. Perché, alla lunga, è la sostanza che prevale. Nella Campagna d’Italia ad Arcole i francesi non riuscivano a conquistare un ponte che avrebbe dato loro la vittoria. Napoleone prese la bandiera, attraversò il ponte sotto il fuoco nemico e i suoi uomini lo seguirono… Quel gesto è riprodotto in un celebre dipinto dal forte impatto emotivo. Ma alla strategia d’immagine univa l’esempio concreto, e soprattutto sapeva che il capitano deve stare sulla stessa barca dei suoi uomini: ogni riferimento alla classe politica contemporanea che troppo spesso sembra staccata dal contesto sociale e procede per astratti dati statistici e per postulati …. non è puramente casuale..
Gabriele Parenti