Esasperati dall’estenuante, pervasiva campagna elettorale per le Regionali del 26 gennaio, martedì abbiamo preso la via del cuore e dell’oasi rigenerante (detox, relax, rehab) scegliendo di rifugiarci per un paio d’ore a teatro, nella fattispecie il Valli di Reggio. Almeno lì, niente poster, brochure, santini o video o post dei candidati, ma solo minimali e sincere locandine musicali o, al massimo, l’elegante libretto di sala per approfondire il programma del concerto e la biografia degli interpreti sul palco sborsando 2 euro (magari quelli risparmiati per la pausa caffè, dal momento che il bar interno era chiuso).
https://youtu.be/grsn3JddhYE
C’era un pubblico delle grandi occasioni l’altra sera nella “bombonera” di casa nostra, praticamente full in ogni ordine di posto. Abbonati ed estemporanei, terza età, alta società, middle class, working class magari pronta per una masterclass invernale e un buon numero di giovani, appassionati o studenti di strumento con amici o fidanzate al seguito. Appena celebrato il 30° della scomparsa di Gentilucci e il 50° della sua calata in quel di Reggio, il clima nel foyer era appunto quello della gentilezza (intesa come atteggiamento di scambio e di ascolto dal vivo, tra pacche e sorrisi, fuori dalla dittatura degli “asocial” network).
La grazia, invece, ce l’hanno messa gli artisti al centro della scena e di una scelta – di repertorio – azzeccata, così che anche noi appassiti appassionati nei panni di sfaccendati frequentatori della materia, facili allo sbadiglio e non nuovi ad abbandonare anzitempo il campo di gioco (suonare, in inglese, non si dice “to play”?), siamo rimasti fino alla fine, gustandoci il bis e il bis del bis, fino all’ultimo applauso con chiamata prima del ritorno della luce in platea.
I musicisti, dicevamo. Due giovani talenti emergenti che hanno confermato il loro essere promesse già mantenute della concertistica di rango. Il primo, violinista con capigliatura da “sardina” ribelle e cognome di difficile pronuncia (al secolo Emmanuel Tjeknavorian); il secondo, pianista altrettanto capace e rigoroso, con capello fresco di taglio e ben pettinato (al secolo Aaron Pilsan), mimico ed espressivo come solo noi che avevamo un palchetto proprio di fronte alle loro fronti potevamo ammirare in tutta la sua trascinante ma ben misurata e filologica ispirazione, mai esibita e – come il tocco sui tasti – priva di sbavature.
Rappresentanza femminile in sollucchero, equamente divisa – nel rapimento sia estatico sia estetico – tra le corde strofinate e quelle martellate, chi cedevole verso l’archetto e chi svenevole verso i pedali. Bravi, belli e affiatati tra loro, tanto nei brani tardo-classici o pre-romantici quanto nei pezzi più novecenteschi della seconda parte dell’esibizione. In scaletta l’irrinunciabile Beethoven (specie quest’anno, in cui si celebra il 250° anniversario della nascita: l’esecuzione dei quattro tempi della Sonata in fa maggiore è stata una partenza coi fiocchi) e il rondò in Si minore di Schubert, quindi Messiaen (lì abbiamo chiuso gli occhi e abbiamo vagato sugli accordi dilatati e le note rarefatte di una composizione che stiamo ascoltando anche ora mentre improvvisiamo una ritmata digitazione sui tasti di un “portatile con brio” questo resoconto; una piacevolissima scoperta – parliamo di Louange à l’immortalité de Jesus, non del computer), Fauré (Sonata in La maggiore) e Kreisler (Viennese Rhapsodic Fantasietta). Certo, potremmo saccheggiare Wikipedia e dirvi due cosine sugli ultimi autori e/o opera citate, ma è notte fonda e comunque, per chi ha orecchie sensibili e allenate, consigliamo una ricognizione via Youtube.
Poi il primo bis, capace di sciogliere anche un sovranista o il titolista dell’apertura di “Repubblica” dell’altro ieri: l’Ave Maria di Gounod. Stupenda. Vorremmo avere il reddito di cittadinanza sonora solo per poterci economicamente permettere di assistere ogni sera a una magia sospesa in aria come quella del 14 gennaio, girando di teatro in teatro a caccia di strumentisti in gamba – e composizioni efficaci – come il duo di 25enni e le loro perle. Bravo Valli, continua così! Prossimo appuntamento con la stagione della classica mercoledì 22 gennaio, quando sarà la volta de “Il pomo d’oro” e le stagioni dell’anima di Vivaldi con Federico Guglielmo (violino e direzione) e la soprano Vivica Genaux.
(N.B. Anche noi, la stessa sera, celebravamo il nostro piccolo anniversario. Un trentennale. Per dire che la prima volta che mettemmo piede in un teatro fu proprio varcando il soglio pontificio del municipale: era, se non andiamo errati, proprio il 15 gennaio, anno 1990, recital di Maurizio Pollini in gran spolvero con i 24 preludi di Chopin op. 28, “Petruška” di Stravinskij e – mitico bis per noi chopiniani di antico pelo e almeno allora mai sazi – lo Scherzo n. 2 in Si bemolle minore op. 31)