Firenze – Nella Notte dei ricercatori, Luigi Dei, matematico e chimico, musicologo e rettore dell’Università di Firenze, ha completato la sua ricerca di un nuovo genere di spettacolo multidisciplinare e multimediale che lui chiama “musica e parole scienti-fantastiche”, e che si potrebbe definire “racconto poetico per stazioni musicali”.
Al Teatro del Maggio è andata in scena ieri sera “Via col tempo – viaggiando su fili di memoria” – quarta prova dopo lo straordinario Bolero del 2016, Creatività, conoscenza, cultura, un acrobatico equilibrio del 2017 e l’Origine della specie musicale del 2018 – che rappresenta la definitiva messa a punto del format da lui inventato.
Non tradendo il messaggio principale delle composizioni, vale a dire lo stretto rapporto fra cultura scientifica e cultura umanistica, espressione di ragione e sentimento come componenti inscindibili della natura umana, questa volta l’autore lo ha inserito in una dimensione più personale e autobiografica. Perciò meno positiva rispetto alle precedenti creazioni, più intimistica e malinconica, ma per questo forse più intensa e coinvolgente.
Via col tempo è il dialogo fra un Cantastorie (Luigi Dei), esperto di scienza, lettere e musica, e un Vecchietto (l’ottimo Paolo Santangelo) un po’ stanco e annebbiato, al quale cerca di spiegare perché la musica è in grado di suscitare emozione e soddisfazione e scioglie la mente alla comprensione profonda delle parole: “La musica libera la memoria come il sole disperde la nebbia del mattino”.
Le note attivano il cervello, suscitano ricordi ed emozioni, interpretano i sentimenti più forti come la gioia, il dolore, l’amore. E questo avviene, dice lo scienziato musicologo perché, come hanno spiegato gli scienziati canadesi, “fanno scattare il meccanismo della dopamina, l’ormone del piacere e della ricompensa”, il piacere dell’attesa e la soddisfazione dell’appagamento.
Al Vecchietto che cerca di mantenersi vitale leggendo il vocabolario della Treccani interessa meno la spiegazione scientifica e più la sorpresa: la musica suscita ricordi vicini e lontani della sua vita e questa coscienza dell’aver vissuto gli dà la forza di accettare il declino e l’approssimarsi della fine.
Così sentimenti e ricordi si fanno musica, eseguita dall’orchestra e dai cantanti del Conservatorio Luigi Cherubini, con la partecipazione di quella dell’Università di Firenze e la collaborazione dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino, sotto la direzione di Paolo Ponziani Ciardi.
Brani classici si alternano a grandi pezzi pop come la canzone “Amore che vieni, amore che vai” di Fabrizio de André e “What a wonderful world” di Louis Armstrong (voce Giulia Bartolini, chitarra Simone Basile), secondo l’impostazione culturale fondamentale dell’autore che non pone barriere o pregiudizi fra generi, purché siano espressione di qualità artistica.
Ha colpito il pubblico la qualità del cast dei cantanti lirici: dall’aria di don Basilio la Calunnia dal Barbiere di Siviglia (il basso Alessandro Agostinacchio), al Lascia ch’io pianga dal Rinaldo di Haendel (il mezzosoprano Dioklea Hoxha), al duetto Verranno a te sull’aire dalla Lucia di Lammermoor e al Libiamo né lieti calici dalla Traviata (il soprano Nikoletta Hertsak e il tenore Antonio Alcaide Garés), all’Habanera di Carmen (il mezzosoprano Idil Karabulut), fino all’aria di Don Giovanni Fin ch’han dal vino (il baritono Oganes Avakyan) e a quella del Werther Purquoi me réveilier (il tenore Giuseppe Surace) .
In una dimostrazione della varietà delle voci maschili e femminili diverse per timbro e colore, per altezza ed estensione dei suoni: “La voce è lo strumento più umano e complesso”, dice il narratore riprendendo il tema di un’altra realizzazione di Dei, Mistero e Magia della Voce (2017). E’ la voce umana che accende la vista della mente e fa vedere cose che sono solo nella realtà dei sogni.
L’orchestra di Ciardi ha tenuto sospesi gli spettatori eseguendo il Preludio dal Tristano e Isotta di Richard Wagner. Ma il momento più intenso dello spettacolo, al quale in qualche modo ha impresso una cifra artistica superiore è stato il Lied di Gustav Mahler “Ich bin der Welt abhanden gekommen” (Sono ormai perduto al mondo) con la voce eccezionale del mezzosoprano Magdalena Urbanowicz.
L’autore è particolarmente orgoglioso di questa scelta e della capacità del suo format di affascinare il pubblico: “Sono convinto che il 70/80% del pubblico ha ascoltato per la prima volta e apprezzato 7 minuti di Mahler e mai avrebbe scelto di recarsi a teatro per una sinfonia di un’ora”, dice.
“Perduto al chiasso del mondo, e riposo in un luogo silenzioso! Vivo solo nel mio cielo nel mio amore, nel mio canto”, le parole che introducono alla sorpresa finale, la registrazione della Ciaccona BWV 1004 di Johann Sebastian Bach per violino solo eseguita da Sergio Dei per tanti anni primo violino dell’orchestra del Maggio. Si scopre che è lui il personaggio che ha dialogato con l’autore di musica e parole, cuore e mente.
Nella notte dei ricercatori, Luigi Dei ha trovato suo padre.