Museo del calcio di Coverciano: 30mila visitatori nel 2015

Firenze – E’ stato un gruppetto di ragazzi e ragazze siciliani a chiudere, nel giorno di San Silvestro, la lunga lista dei visitatori nel 2015 al Museo del calcio a Firenze la cui sede è adiacente al Centro tecnico della Federcalcio a Coverciano.

Erano arrivati da Ragusa. Tutti tifosi del Palermo. Solo uno indicato, in modo ironico, dai compagni era di fede juventina. La visita è durata un’oretta. A illustrare loro i cimeli Fino Fini che ha ideato, realizzato e che dirige il museo dal 2000 anno dell’inaugurazione (dal 1962 al 1982 è stato medico in panchina della squadra azzurra periodo durante il quale l’Italia ha disputato sei campionati del mondo).

 -Quanti sono stati i visitatori nel 2015?

“Una cifra vicino ai 30mila. C’è stato un incremento, di circa 5mila unità, rispetto alle presenze del 2014. Grazie anche ad un’iniziativa che nel 2016 ripeteremo potenziandola”.

–   Cioè?.

“Nel corso del 2015 novanta società sono venute con i loro ragazzi tesserati. Oltre alla visita del museo hanno completato la permanenza disputando una partitella di calcio in un nostro campo”.

-Come potenzierete l’iniziativa?

“Offrendo alle società un “pacchetto” a prezzo concordato e favorevole che comprende la visita del museo, la partitella di calcio ed altre distrazioni; eventuale incontro nel salone dei ricevimenti con noti personaggi del mondo del pallone in grado di rispondere alle loro curiosità, più il pernottamento”

-Da che parte arrivano i visitatori?.

“Da tutta Italia. In prevalenza club calcistici e studenti organizzati dalle rispettive scuole. Ma anche gruppi culturali perché il calcio è anche cultura. Dall’estero arrivano in particolare delegazioni. Nel 2015 abbiamo ospitato delegati australiani, sudamericani ed arabi”.

-Quanti sono i cimeli esposti nel museo?

“Circa tremila tra maglie, palloni, filmati, scarpe da calcio, libri, medaglie, coppe, una montagna di fotografie, documenti e cimeli di atleti, allenatori, dirigenti, arbitri. C’è una videoteca grazie alla quale possono essere rivissuti episodi che hanno scritto la storia del calcio nel mondo”.

-I visitatori da quali cimeli sono maggiormente attratti?

“I giovani si soffermano di più davanti agli attrezzi sportivi semplici, per loro incredibili, usati dal calcio degli anni andati. Ad esempio sulla pesante maglia di lana di Silvio Piola, anni trenta; sul pallone di quei tempi realizzati con cuoio pesante e rude, con all’interno la camera d’aria e con una striga a chiusura. Sulle scarpe, parastinchi e guanti del portiere oggi davvero improponibili”.

 -Ed i visitatori più adulti?

“Tutti chiedono spiegazioni di una maglia nera che figura nella fila di quelle azzurre esposte ciascuna delle quali si riferisce alla partecipazione della nostra nazionale ad una importante competizione internazionale”.

 -Allora?

“La maglia nera fu imposta dal Partito Fascista. Nella partita giocata a Parigi nel 1938 valida per gli europei, i nostri calciatori scesero in campo indossando, appunto, la maglia nera al posto di quella azzurra. Le cronache narrano che i nostri giocatori una volta apparsi sul terreno di gioco furono derisi dagli 80 mila spettatori presenti. Meno male che l’Italia disputò una splendida partita e vinse per 3 a 1”.

  -I cimeli, come dire, più singolari?.

“Sono centinaia. Impossibile elencarli. C’è ad esempio un biglietto d’ingresso allo stadio del Campo di Marte a Firenze, allora denominato Giovanni Berta, per una partita valida per i campionati del mondo datato 31 maggio 1934, costo 15 lire. C’è la famosa pipa di Enzo Berzot ed un suo sombrero messicano; alcuni appunti vergati a mano, contenenti riflessioni tecniche, di Ferruccio Valcareggi su uno dei quali si legge “le partite si vincono e si perdono nella zona centrale del campo”.

-Un sogno da realizzare nel 2016?

“Che il progetto di ampliamento del museo già da molto tempo in un cassetto venga preso in esame con la volontà di realizzarlo. Abbiamo qualche centinaio di cimeli veramente di grande interesse giacenti in magazzino nella impossibilità di esporli in quanto nella struttura esistente non c’è più uno spazio libero. Nemmeno sulle pareti”.

 

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