A Reggio Emilia, in uno stadio Tricolore gremito, l’Italia fatica parecchio contro Israele, sfiora la disfatta in due contropiede e poi dilaga nel finale, pur partorendo un solo gollettino. Ecco il pagellone semiserio della due giorni reggiana della nazionale.
Buffon voto 10: Ormai lo applaudono tutti a prescindere, lui ricambia facendo la solita paratona e un’uscita al limite dello sciagurato sulla trequarti che serve solo far salire l’adrenalina alla sua sonnecchiante serata. In mixed zone con coppola e camicia sbottonata fino all’ombelico, praticamente Celentano. Molleggiato.
Verratti, 5,5: Quando sale la marea dei fischi del Giglio, il nano terribile del Psg rischia di non stare a galla. Gioca a tre – quattro – cinque – sei – sette tocchi: e la moviola,sgravata di molto lavoro, ringrazia. Peraltro non vince un contrasto nemmeno con Pupo, ma almeno va a difendersi con evidente nodo in gola davanti alle telecamere. Sembra un cerbiattino, ma è uno dei pochi con i piedi buoni lì in mezzo. Buona la prossima.
Ventura 5: Tutta la partita in piedi, metà della quale la passa sbracciando pressochè indignato verso la sua panchina; di più, sconcertato; di più ancora, sconfortato. Gli Azzurri non ne beccano una per 70 minuti buoni e lui si sbraccia e non ce la fa, non resiste, vorrebbe proprio prendersela con quello zuccone dell’allenatore. Che però è lui. Uno, nessuno, centomila.
Franco Z., voto 8: Al 75esimo l’ex cronista Rai rifiuta il pass per la zona mista: “Basta, sono 60 anni che li vedo i giocatori, mi hanno rotto i…”. Soprattutto Franco.
Il mister Elisha Levi, voto 5: Affronta la stampa con la tempra dell’agnello sacrificale, il che sarebbe anche in linea con le radici della nazione, ma i cronisti connazionali non gradiscono: e lo sbranano. Semolino timido.
La hostess mora, voto 7: La conferenza stampa comincia in ritardo e lei accalappia un giornalista: “Senti ma chi c’è in nazionale? Buffon… ma gli altri? No perchè sai, sono interessata…”. Poche idee ma vincenti.
Il buffet, voto 5: Erbazzone senza maiale, ma anche senza temperatura: servito gelido, un autentico orrore. Meglio i tramezzini. Tradizione tradita.
I Giornalisti Israeliani, voto 10: Vince tutto il fenomeno che chiede al traduttore, perfettamente bilingue italo – israeliano, se può fare il suo intervento in spagnolo. Si contendono il turno per le domande sbracciandosi senza pietà, lanciano strali acuminati al tenero allenatore, qualcuno sembra esondare nel comizio bellico. Si inventano anche di sana pianta che la stampa italiana ha irriso la loro nazionale: tutto fa brodo. In delegazione pure una meravigliosa collega in shorts di seta pericolosamente corti in fase posteriore. Meravigliosi.
Il caso Zahavi, voto 3: Da Gerusalemme a Tel Aviv si parla solo del caso Zahavi: il capitano della nazionale non è salito sull’aereo che portava la squadra in Italia e si è ritirato dalla rappresentativa in polemica un po’ con tutti. Il remissivo mister Levi lo perdona subito, la stampa di Grusalemme un po’ meno. E quando si palesa Buffon in conferenza stampa, i giornalisti israeliani non trovano di meglio che chiedergli: se fossi Zahavi, ti comporteresti come lui? Psicodramma internazionale.
La stampa italiana, voto 6 -: Quasi nessuno in prepartita fa mezza domanda su Israele, ma tutti si preparano alla gustosa cena della vigilia da Arnaldo a Rubiera. Resta un angoscioso interrogativo: quando scrivere il pezzo sulla conf stampa della vigilia, prima o dopo cena? Le cucine ad una certa ora chiudono. Il dilemma risuona ancora nelle orecchie del cronista, non invitato. Ai posteri l’ardua sentenza.
Gli agenti del Mossad, voto 9: Presenza discreta e rassicurante, temutissimi ma mai quanto il capo ufficio stampa israeliano: spietato nel gestire le intemperanze dei connazionali. In trincea con la biro.
Le proteste pro Palestina, voto 5: Mai visto niente di simile: le associazioni distribuiscono un cartellino rosso da sventolare sugli spalti contro Israele, dopo 20 metri la Digos perquisisce diligentemente tutti e li ritira uno a uno. Morale: nello stadio nessun segno contro la nazionale israeliana, manco un fischietto durante l’inno. Tanto tuonò che (non) piovve.