Il sistema di videosorveglianza del Comando della polizia municipale di via Brigata Reggio non è regolare. Ad affermarlo è un pronunciamento (documento) del Garante per la protezione dei dati personali che ha dichiarato inutilizzabili i dati raccolti attraverso le telecamere di sicurezza, ha disposto l’interruzione delle riprese e ha trasmesso la documentazione all’autorità giudiziaria. Il guaio dunque rischia di farsi serio perché il Testo Unico sulla privacy prevede illeciti penali, violazioni amministrative e responsabilità civile per danni. Intanto, il Comune annuncia l’intenzione di impugnare il provvedimento davanti al giudice.
Per capire cosa è accaduto bisogna fare un passo indietro: il 16 febbraio giunge al Garante una segnalazione “con cui si lamentava – si legge nel pronunciamento – l’illiceità di un sistema di videosorveglianza presso il Comune di Reggio Emilia – Comando di Polizia Municipale installato al primo piano di uno stabile privato ove sono ubicati anche altri uffici privati e abitazioni civili (…) senza alcuna previa informativa e tutela sia per chi lavora per il comando di P.M., sia per chiunque si trovi a passare nei corridoi di questi palazzi”.
Le telecamere sono state installate dopo alcuni episodi di vandalismo, sostengono dal Comando, servono per sorvegliare gli accessi e garantire la sicurezza degli agenti. Inoltre, “nessuna telecamera è installata ai fini di verifica o controllo del personale dipendente” e “si è provveduto (…) a posizionare anche la segnaletica indicante che le singole zone sono videosorvegliate e che evidenzia la presenza del controllo accessi”.
Perché le spiegazioni del Comando non sono state sufficienti ad evitare l’intervento del Garante? Innanzitutto perché le telecamere sono installate all’esterno, in aree in cui transitano anche i lavoratori “con conseguente possibilità di riprenderne l’attività. Le telecamere sarebbero dunque state installate in violazione dello Statuto dei lavoratori. Ma non è tutto: il sistema di videosorveglianza è in funzione dal 2003, ma come ha dichiarato il rappresentate legale dell’ente, solo nel 2011 sarebbe stata installata la segnaletica obbligatoria.
Il provvedimento stabilisce con effetto che le immagini non possano essere utilizzate e che non possano essere effettuate ulteriori riprese. Ma sarà l’autorità giudiziaria a stabilire se reato c’è stato.
Il Sulpm: fatto grave
Intanto, il Sulpm (Sindacato unitario lavoratoti di Polizia municipale) per voce del segretario provinciale Marco Gagliardi, parla di “fatto molto grave”.
“Qualcuno deve dare delle spiegazioni – dice Gagliardi – e se ci sono delle responsabilità devono essere individuate. Si tratta di una mancanza molto grave sia perché mina la credibilità di un organo di polizia, sia perché esiste un problema di sicurezza per gli operatori, essendo venuto meno il sistema di videosorveglianza. Abbiamo già chiesto un incontro all’amministrazione per sanare la situazione e rendere di nuovo operative le telecamere”.
Il Comune annuncia ricorso
Il Comune di Reggio Emilia, “in osservanza al pronunciamento e alle disposizioni del Autorità garante della privacy di cui è venuto a conoscenza sabato scorso, – si legge in una nota – ha immediatamente disattivato le telecamere poste a tutela della sicurezza del Comando della Polizia municipale di via Brigata Reggio – ovvero a tutela della sicurezza del personale, dell’armeria e del garage dove trova ricovero una trentina di autovetture di servizio.E’ già in corso la firma di un accordo sindacale, che il Garante ha indicato come strumento necessario per riattivare le telecamere.
“In proposito, – si legge ancora – si fa presente che le telecamere collocate a tutela del Comando non sono strumenti di controllo e “visione” dell’attività del personale della Polizia municipale: se fosse così certamente sarebbe stato violato lo Statuto dei lavoratori (legge 300 del 1970), che vieta appunto l’uso da parte del datore di lavoro di strumenti audio e video che “sorveglino” e riprendano l’attività dei dipendenti. Si tratta invece di strumenti legati ad allarmi, appunto per l’esclusiva tutela di personale dipendente e beni della Pubblica amministrazione.
Si fa notare in proposito che i luoghi in cui le telecamere sono installate – armeria e garage – sono in sostanza depositi, non luoghi preposti al lavoro e da quei punti non si controlla il lavoro di nessuno. Le telecamere inoltre sono gestite direttamente dallo stesso personale e non dal datore di lavoro. Le apparecchiature sono installate dal 2003 e nessun dipendente, ad eccezione di uno soltanto, né alcuna organizzazione sindacale ha mai eccepito sulla presenza di questi strumenti, sulla base dello Statuto dei lavoratori. Nella consapevolezza che si tratta di videocamere a tutela del lavoratore e di beni pubblici, per altro particolarmente “delicati”, non di strumenti per il controllo audio-video dei dipendenti, del loro lavoro e dell’organizzazione del lavoro. La segnaletica che indica la presenza delle telecamere non è obbligatoria, in quanto gli strumenti sono finalizzati alla prevenzione e repressione di eventuali reati, secondo le attività e le funzioni attribuite alla Polizia municipale come agente e ufficiale di polizia giudiziaria. A scopo di ulteriore garanzia, tali cartelli sono stati apposti.
“Per queste ragioni, – conclude la nota – la Pubblica amministrazione si riserva di proporre ricorso sul pronunciamento del Garante”.
g. man