Firenze – Il Museo Archeologico di Firenze presenta la mostra “Mummie. Viaggio verso l’immortalità”, un affascinante viaggio nel rito di passaggio dalla vita terrena a quella dell’aldilà, e il concetto religioso egizio, arrivato a noi attraverso varie testimonianze come geroglifici, magia, steli, sarcofagi, corpi imbalsamati e corredi funebri.
L’esposizione, appena ritornata nella sua sede del prestigioso museo fiorentino e ricca di oltre 100 oggetti di grande valore sarà visibile fino al 2 febbraio 2020, dopo un lungo percorso espositivo in varie capitali europee tra cui Germania, Austria e Finlandia, e in diverse città della Cina. Il progetto è stato ideato e curato da Maria Cristina Guidotti nel 2000, insieme a Contemporanea Progetti s.r.l. che ha seguito l’allestimento e la realizzazione della mostra nei vari spazi e musei all’estero.
Gli oggetti esposti fanno tutti parte della collezione del “Museo Egizio” fiorentino, il secondo per importanza in Italia, dopo quello di Torino, alcuni dei quali recuperati nei magazzini e restaurati 4 anni fa, in occasione del Convegno Internazionale di Egittologia che si tenne a Firenze. Per il mondo egizio la vita continuava oltre la morte, durava per l’eternità. Il corpo veniva preservato in tutte le sue parti con l’imbalsamazione, un metodo raffinato e complesso, messo a punto nei secoli, per mantenere inalterate le caratteristiche fisiche nel tempo. Oggetti di vita quotidiana o di tipo funerario e suppellettili deposti nelle tombe accompagnavano il lungo, eterno cammino del defunto.
“Gli antichi egiziani infatti credevano che la morte non costituisse la fine della vita, – scrive Maria Cristina Guidotti nella sua introduzione al catalogo – ma che questa continuasse sotto un’altra forma nell’aldilà. L’anima del defunto però, per continuare a vivere, doveva avere la possibilità di reincarnarsi nel proprio corpo: da ciò derivava la necessità di rendere non deperibile il corpo e quindi la ricerca di metodi sempre più sicuri e perfezionati di imbalsamazione, che venne praticata dagli egiziani fin dalle prime dinastie della loro storia millenaria”.
In mostra, oltre a sarcofagi di grande valore artistico e parte di alcuni papiri contenenti il libro dei morti, dove sono spiegate al defunto le varie prove che dovrà affrontare, in modo particolare la pesatura del cuore che doveva essere leggero come una piuma di struzzo, viene presentata, in modo scientifico la tecnica di imbalsamazione del cadavere, oggetti legati al rito funebre selezionati appositamente per la loro funzione che garantiva la vita nell’aldilà e oggetti personali utili al defunto per l’eternità.
Tra di essi una stele con la frase magica che consentiva al morto di accedere alla dimensione eterna, il sarcofago di Padimut, finemente decorato della XXI e XXII dinastia (1069 – 656 a.C.), mai esposto e mai studiato prima della mostra, la statua del sacerdote Henat, uno dei pochi esempi di statua di un dignitario che indossa una veste persiana, testimonianza del periodo in cui l’Egitto fu assoggettato al potente impero persiano (525 – 404 a.C.), la testa mummificata recentemente sottoposta a indagini radiografiche e TAC che hanno consentito la ricostruzione del volto del defunto (656 – 332 a.C.), e la cassetta per ushabti (piccole statue del corredo funebre) di Nekhtamontu (1550 – 1070 a.C.).
Il “Museo Egizio” si è formato nell’Ottocento, in seguito agli scavi in Egitto e all’incarico dell’allestimento dato al giovane egittologo Ernesto Schiaparelli. Nel 1939 il Museo ricevette in dono dall’Istituto Papirologico di Firenze numerosi reperti, soprattutto sarcofagi, provenienti dagli scavi nelle città di El Hibeh e di Antinoe. Attualmente le sue collezioni annoverano oltre 15.700 oggetti, che vanno dall’epoca preistorica all’epoca copta, e da 11 sale rinnovate per l’XI Congresso Internazionale degli Egittologi.