Delude Jodie Foster, Mr Beaver non sfugge i cliché

Vira dalla commedia al thriller e non rifugge da retorica e stereotipi familiari, l’ultimo atteso film di Jodie Foster

Gianluca Grisolia

Un padre di famiglia depresso e narcolettico (Mel Gibson) viene strappato al suicidio da un pupazzo indossato per gioco sul proprio braccio. Presto si sviluppa uno strano gioco terapico che vede l’uomo agire per conto del suo avatar di peluche, suscitando un misto di stupore, ilarità e preoccupazione nelle persone che lo circondano.

Mr Beaver, diretto da Jodie Foster – anche attrice del film -, affronta il consueto tema della crisi familiare giocando con uno sdoppiamento di personalità supposto come volontario. Viene subito alla mente Mrs Doubtfire di Chris Columbus del 1993, dove un padre ricreava il rapporto con i propri figli travestendosi da vecchia e spassosa governante. Tuttavia, eccettuato lo spunto dell’alter ego ironico e spregiudicato, il paragone finisce qui: Mr Beaver, pur partendo come una classica commedia brillante, procede a passo lento verso il thriller psicologico e smussa i toni divertenti iniziali con una retorica melensa e prevedibile.

La caratterizzazione del figlio del protagonista, ossessionato dalle numerose somiglianze col padre, incappa nei soliti stereotipi legati all’incomunicabilità generazionale e agli atteggiamenti passivo-aggressivi di giovani insofferenti verso genitori ritenuti inadeguati. Lo stesso Gibson, per quanto versatile ed ispirato, non riesce a restituire il dramma schizofrenico che attanaglia il suo personaggio, e rende alcune sequenze più ridicole di quello che vorrebbero. In definitiva un film godibile ma dalla linea incerta, che forse soffre un po’ di quello stesso disturbo di identità che intendeva prendere a pretesto.

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