Firenze – Titolo sospeso varie volte in asta per volatilità eccessiva, Mps anche ieri di nuovo al centro della tempesta: ha concluso in calo del 14,37% a 0,6555 euro, nuovo minimo di chiusura mentre in corso di seduta ha toccato anche un prezzo di 0,6525 euro.
In molti puntano il dito sull’attenzione crescente dell’Europa sui crediti deteriorati. Un punto molto sensibile nel panorama bancario italiano, dal momento che i prestiti in sofferenza delle banche italiane in rapporto agli impieghi, come rende noto il rapporto mensile dell’Abi, diffuso ieri, hanno raggiunto il livello massimo da vent’anni a questa parte: le sofferenze lorde, che come indica Banca d’Italia vanno oltre 201 miliardi, risultano, rispetto agli impieghi, pari al 10,4% in novembre. Tanto per avere un riferimento, l’Abi ricorda che nel periodo precrisi il rapporto tra sofferenze lorde e impieghi si fermava al 2,8 per cento.
Proprio ieri, l’amministratore delegato Fabrizio Viola aveva diffuso una nota in cui si confermava a chiare lettere “la stabilità economica e finanziaria della banca” e “il miglioramento della gestione operativa” deducendone la sostanziale ingiustificabilità della flessione del titolo.
Del resto, come si osserva fra gli operatori, Banca Mps, pur avendo goduto di notevoli iniezioni di liquidità allo scopo di irrobustirsi a livello patrimoniale, rimane uno degli istituti bancari italiani più esposti dal punto di vista dei prestiti deteriorati: si calcola che ne abbia 46 miliardi, di cui 23 miliardi in sofferenza. Il mercato dei Cds (credits default swap, che funziona secondo il meccanismo delle assicurazioni: a rischio più alto si paga premio più alto) ) attribuisce a Mps una probabilità di default a un anno pari al 5,44 per cento. Giusto per avere un punto di riferimento, Banca Intesa, sullo stesso mercato, ha una probabilità pari allo 0,11 per cento. Il che significa che il rapporto fra i due istituti riguardo al rischio di default è di 50:1.
Da sottolineare il fatto che dall’inizio del 2016, Mps ha bruciato in Borsa quasi la metà del suo valore. A confronto con l’ultima seduta del 2015 infatti, il titolo è passato da 1,23 euro a 0,65 euro. Il calo va dunque oltre il 47%, considerando anche il -14,3% di ribasso avvenuto oggi. La capitalizzazione di cui gode la banca, a bocce ferme, alla chiusura odierna dei mercati, è di 1,9 miliardi di euro.