Mps e Fondazione, se vuoi la pace prepara la guerra

Toni da grande disgelo, quelli del nuovo dg della fondazione Mps Enrico Granata, che tuttavia non sciolgono il nodo principale, vale a dire il rapporto da “guerra fredda” che si è instaurato fra i vertici della Fondazione e della Banca del Monte dei Paschi: “Il lavoro è complesso, la situazione difficile ma credo che ci siano le premesse per fare un buon lavoro e consolidare il ruolo della Fondazione con la prospettiva del mantenimento di un rapporto con la Banca in un contesto rivisitato e soprattutto corroborare le funzioni di supporto al territorio”.

Queste le parole del nuovo dg, nel corso dell'incontro che si è tenuto stamattina in via Banchi di Sotto, alle 10.
“L'Ente ha un grande prestigio in Italia e nel mondo – ha aggiunto – e anche una storia e prospettiva di ruolo importante da consolidare nella città e nel territorio”. E, sulla questione delle dimissioni di un board bancario che appare in difficoltà, “Confidiamo che i vertici della Banca restino al loro posto – commenta, in sintonia con quanto dichiarato solo ieri dal presidente Mansi –  se ci sarà una condizione diversa si affronterà”.

“Non so se i rapporti con la Banca sono tesi – ha poi glissato – ci sono sempre stati e ci saranno e quindi credo che ci siano tutte le premesse per un dialogo e per proseguire insieme”. Infine, sull'altro grande tema  che riguarda la possibilità che il Cda della Banca impugni la delibera approvata nell’assemblea degli azionisti lo scorso 28 dicembre, il neo provveditore della Fondazione risponde: “vedremo quello che accade”
L'attenzione intanto è tutta appuntata sul prossimo cda della Banca, che dovrebbe essere convocato (la data verrà ufficializzata oggi) martedì 14 gennaio. Anche se già girano voci che non si tratterà di una riunione “decisiva”. Nel frattempo, alcuni movimenti possono dare un segnale di cosa si stia preparando.

Intanto, ieri la Banca ha diminuito la galassia delle sue partecipazioni con la cessione dell'intera partecipazione detenuta in Sorin, pari a 27.458.403 azioni ordinarie, corrispondenti a circa il 5,7% del capitale sociale, incassando 56,3 milioni di euro.
Operazione importante, che viene ascritta a un management che al contrario dà segnali non proprio rassicuranti: tant'è vero che al prossimo cda Profumo si presenterà con due opzioni, da un lato le proprie dimissioni, pur almeno ufficialmente osteggiate dalla stessa presidente della fondazione, dall'altro la scelta estrema di impugnare la decisione dei soci di rinviare a primavera inoltrata la ricapitalizzazione richiesta dall'Europa (che, ricordiamo, ammonta a oltre 3 miliardi di euro e se venisse fatta prima che la fondazione recuperi liquidità alienando le azioni in suo possesso equivarrebbe alla sua scomparsa). Ed è comunque notizia in qualche modo certa che negli ultimi giorni siano ripresi i colloqui di Viola e del presidente Profumo con i rappresentanti delle principali banche che partecipano al consorzio di garanzia dell'operazione rinviata.

La decisione di impugnare la delibera dei soci segnerebbe un livello di scontro poco gestibile che aprirebbe scenari imprevedibili. Tuttavia appare molto improbabile che Profumo riesca a trovare i voti in consiglio per una opzione del genere, tanto più che  il sindaco di Siena, Bruno Valentini, ha già marcato la posizione: "Il top management di Mps deve allinearsi alle decisioni prese dall'assemblea degli azionisti del 28 dicembre scorso: quello che deve fare è scritto in quel documento. Riaprire il 'derby' sarebbe il modo peggiore per cominciare il 2014 – ha aggiunto – loro devono svolgere il loro ruolo e tutti dobbiamo lavorare con serenità".

Ma nel tira-molla di indiscrezioni su chi, quando e se qualcuno se ne andrà, al di là di Profumo, in questo momento il vero rischio sembra concentrarsi sull'ad Fabrizio Viola. Infatti non è da oggi che prendono peso le voci di un “corteggiamento” serrato del presidente del cds di Bpm Piero Giarda, che lo vorrebbe consigliere delegato. Una decisione su cui potrebbe pesare anche la questione della vendita  delle quote nell'istituto senese della  Fondazione Mps, e la sua realizzazione in tempi più o meno brevi.

Sul duello Banca-Fondazione pesano anche elementi in qualche modo esterni.  Secondo indiscrezioni, la Consob avrebbe inviato una lettera a Rocca Salimbeni chiedendo decisioni celeri sulla continuità del management, sull'impugnativa della delibera assembleare e sulle linee di marcia della banca.

Grane sindacali – Da non trascurarsi, infine, le vicende sindacali che, a onor del vero, non coinvolgono solo Mps , che si trova in compagnia di una lunga lista, ma che rischiano di deflagrare in maniera ben diversa vista la complicata posizione della Banca. Una situazione del lavoro che è degna di attenzione: 1066 dipendenti sono stati infatti “collocati” in una joint venture fresca fresca, la Fruendo srl. Una modalità che non è stata certo inventata dal Monte, che arriva ultimo di una lunga fila. Il nocciolo della questione si chiama “esternalizzazione”.  Obiettivo di queste operazioni è almeno in linea teorica la ricollocazione dei lavoratori, sia pure in sedi staccate che tuttavia rimangono  complementari all'azienda di provenienza.  Sotto queste operazioni, tuttavia, può celarsi, come segnalano i sindacati, il rischio di mascherare operazioni di tagli e ridimensionamenti di lavoratori e budget. Tornando al Monte dei Paschi, l'esternalizzazione dei 1066 dipendenti (il passaggio da una società all'altra è stata comunicata per email il 31 dicembre scorso) ha già provocato i primi esposti, per ora almeno trenta.

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