È di pochi giorni fa la notizia che le indagini sul cosiddetto mostro di Firenze si potrebbero arricchire di nuovi scenari grazie ad una suggestiva pista,questa volta di natura genetica, che potrebbe riservare, secondo i legali e i parenti delle vittime, un’ulterioriore sorpresa.
Infatti tracce di Dna sarebbero state isolate su uno e più reperti balistici lasciati dall’assassino, (probabilmente mentre caricava la Beretta 22,mai ritrovata), che negli anni Settanta e Ottanta seminó paura e terrore nelle colline intorno a Firenze. In particolare si tratta di un Dna ignoto ritrovato su un proiettile rinvenuto nel cuscino della tenda dei due turisti francesi, Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, uccisi dal mostro nella loro tenda da campeggio, l’8 settembre del 1985 a Scopeti, nella campagna di San Casciano in Val di Pesa.
La richiesta di approfondire ulteriori indagini,è partita proprio dall’avvocato dei parenti delle vittime francesi,che non hanno mai creduto alla colpevolezza di Pietro Pacciani e dei suoi “compagni di merende”tra cui Mario Vanni e Giancarlo Lotti. Il nuovo materiale genetico scoperto nel 2015 da un ematologo italiano che lavora in America, si sarebbe rivelato sovrapponibile con quello analizzato su altri due proiettili : quelli con cui furono uccisi Pia Rontini e Claudio Stefanacci, il 29 luglio 1984 e i tedeschi Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch, il 9 settembre del 1983. Per questo, l’avvocato di parte francese, Vieri Adriani ha chiesto di confrontarlo con quelli di cui dispone la procura fiorentina, perché così, a suo dire,si potrebbe dare un volto e un nome al “maniaco delle coppiette”, che uccise 14 (o 16) vittime, tra il 1968 e il 1985, e accertare molto verosimilmente il concorso di più persone in quei delitti. Inoltre proprio sulla scoperta del Dna ignoto, c’è stata un’interrogazione al ministro della Giustizia Nordio, da parte del parlamentare di Fdl Antoniozzi per riaprire il caso e far riesumare i corpi di due vittime su richiesta dei congiunti di Pettini e Kraveichvili.
Chiediamo a Roberta Bruzzone nota ed apprezzata criminologa forense se, secondo lei, allo stato attuale la Procura di Firenze, possa decidere di ricercare il proprietario di quella firma genetica.
“Quello che posso aggiungere alla luce dell’evoluzione di questa storia che si è determinata in un nulla di fatto, che non ho motivo di ritenere che questa volta ci sia qualcosa di diverso. Penso che oggi mettersi alla ricerca di un Dna, di un soggetto che con ogni probabilità, anzi quasi certamente, è deceduto da tempo, e conoscendo qual è l’impostazione della Procura di Firenze su questa inchiesta ci sia ben poco o altro da fare o aspettarci che possa essere fatto”.
Dunque su questa lunga e drammatica storia italiana ancora un nulla di fatto?
“Non me ne vogliano i parenti delle vittime alle quali va tutta la mia comprensione ma a distanza di 50 anni dai fatti diventa difficile ipotizzare che una Procura riapra un caso del genere con questa serie di elementi interessanti, sì, ma non dirimenti. Occorrerebbe qualcosa di più. Oggi la riapertura di un caso soprattutto con la riforma Cartabia prevede elementi tali che possano portare ad un dibattimento e ad una eventuale condanna. E mio modo di vedere, quelli in questione non sono sufficienti”.
In foto Roberta Bruzzone