Oxford – Ai nostri occhi sono quasi come un pugno nell’occhio, in aperto contrasto con la visione che ne abbiamo abitualmente. Eppure, è noto, le statue arcaiche e classiche dell’antica Grecia non ti abbagliavano con il biancore di pietre e marmi come le vediamo ora ma erano sgargiantemente policrome! A cercare di ricreare come dovevano apparire ai loro contemporanei kouroi e bassorilievi ci ha provato a Oxford l’Ashmolean Museum, nella sua sezione calchi. “Gods in colour “, mostra che rimarrà aperta fino ad agosto, è stata curata dall’archeologo tedesco Vinzenz Brinkmann che da anni sta cercando di restituire, su base scientifica, i colori che “vestivano” statue e sculture. L’effetto è a dir poco sorprendente.
“Senza i loro colori, l’antica scultura greca non può essere pienamente capita. Le sculture erano collocate in spazi aperti, pubblici…dovevano essere viste da lontano….dovevano narrare il mondo degli dei e degli eroi in modo preciso e chiaro” spiega nel catalogo Brinkmann sottolineando come gli artisti dovevano sempre tenere a mente la distanza che separava la loro opera da chi la guardava, distanza richiedeva “un forte contrasto che poteva essere ottenuto solo con il colore”. Per gli antichi greci una scultura senza colori era impensabile anche perché, ricorda Brinkmann, le sculture delle vicine civiltà orientali che tanto hanno influenzato il periodo greco arcaico erano colorate.
La policromia greca comunque non era lasciata al solo estro degli artisti ma doveva rispettare una serie di convenzioni: ad alcuni oggetti erano lasciati i colori naturali mentre ad altri, per dare maggiore risalto e forza alla composizione, si sceglievano tinte senza alcun legame con la realtà. Ne è un esempio il leone di Loutraki, vicino a Corinto, che inalbera una vistosa criniera blu, un’allusione, viene spiegato, alle parrucche blu usate da dei e re. Nella mostra si possono ammirare arcieri con calzamaglie multicolori, elmetti coloratissimi, giovani donne in sgargianti vesti rosse, scudi azzurri decorati con aquile…Un caleidoscopio di colori squillanti che investe anche metope e frontoni, rendendo in effetto le figure raffigurate assai più visibili a forti distanze.
Tutti colori, viene precisato nella mostra, che sono frutto di intensi studi e analisi delle tracce ritrovate sulle opere d’arte. Ricerca che si è estesa anche ai bronzi di Riace di cui si può ammirare la copia della testa del guerriero A cui si è cercato di ridare l’apparenza originale, con occhi di pietra colorata, pelle scurita e capelli castano-rossi.
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