Mostra: “La Bellezza Salvata” dalla furia dell’alluvione

Firenze – Cosa rappresentò per il patrimonio artistico e culturale dell’Italia, l’alluvione che all’alba del 4 novembre 1966 sconvolse Firenze e la Toscana? A 50 anni dal cataclisma che devastò il patrimonio di chiese, musei e istituti culturali in città e nel territorio, la mostra ‘Firenze 1966 – 2016. La bellezza salvata’, curata da Cristina Acidini e Elena Capretti, nel Museo Mediceo di Palazzo Medici Riccardi, da giovedì I dicembre fino al 26 marzo 2017, fa il punto sull’immenso danno subito, sull’enorme lavoro svolto, sulle conoscenze e sulle competenze acquisite, su quanto resta da fare

Alla fine del mese dedicato alla ricorrenza, la mostra assume il valore di un bilancio, facendo il punto del percorso compiuto, con il distacco e l’obiettività concessi dal tempo ormai passato. Contiene le testimonianze dell’impegno nello straordinario recupero e dell’eccellente restauro, e insieme esprime un invito a ripartire, per concludere la lunga vicenda del risanamento dei beni culturali danneggiati. Essa si propone ai cittadini e ai visitatori come tangibile deposito di memorie, da mantenere presenti e attive nel trasmettere alla comunità il messaggio di questa esperienza, che non fu vissuta dai giovani e giovanissimi di oggi. 

“Palazzo Medici Riccardi ospita significativamente la ‘Bellezza salvata’ in uno dei suoi spazi che fu tra i più colpiti dall’alluvione: il Museo Mediceo – dichiara il Sindaco di Firenze Dario Nardella – Siamo immersi in un giacimento culturale che è il più ricco dell’Occidente, di cui questa mostra rende conto. Proprio le opere salvate spiegano l’attrazione solidale che Firenze esercitò nel mondo: la sua bellezza fu avvertita come qualcosa che in un certo senso faceva parte del corredo genetico di ognuno. Trovo importante come nella selezione operata dalle curatrici si sia scelto di dare spazio a tutto il territorio, non solo il capoluogo, che fu investito dalle acque dell’Arno, come anche a ciò che resta da salvare: è un aspetto che si dimentica, ma sono ancora tante le opere da restaurare perché devastate da quella che il poeta Carlo Betocchi definì in versi ‘l’empia cavalla della piena’”. 

La mostra, inaugurata nel pomeriggio alle 17, dal Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e da Benedetta Albanese, consigliera delegata della Città Metropolitana di Firenze, si presenta come un itinerario articolato fra alcuni dei luoghi più colpiti dall’alluvione del ’66 (musei, collezioni, biblioteche, archivi, luoghi di culto), e si snoda fra gli ambienti monumentali di Palazzo Medici Riccardi (dove aveva sede nel 1966 il Museo Mediceo, letteralmente annientato dall’acqua), proponendo una selezione di opere e manufatti che unisce la qualità artistica all’interesse storico e documentario. 
Per rappresentare al meglio le varie tecniche e tipologie, sono state scelte circa 150 opere, fra dipinti, sculture, libri, documenti, oggetti d’arte applicata, strumenti musicali e scientifici, accompagnate da fotografie storiche e alcuni video che documentano i danni e gli interventi di recupero. 
La diversità delle opere selezionate intende anche svelare realtà meno note, risultati raggiunti fra i meno scontati, tecniche e metodologie di intervento messe a punto e affinate nel tempo, insieme a nuclei collezionistici quasi sconosciuti al grande pubblico. Alle opere restaurate sono accostate altre ancora in attesa o persino irrecuperabili, almeno per il momento, con l’auspicio che il processo di recupero ormai a uno stadio molto avanzato possa presto concludersi. 

Un percorso espositivo così vario, ricco e corale (che si rispecchia nel catalogo edito da Sillabe) non sarebbe stato possibile senza i contributi provenienti dai soggetti prestatori, dagli autori dei testi, dai produttori e organizzatori, dai finanziatori e dagli sponsor tecnici, con il coordinamento del Comitato Firenze Toscana 2016 e l’autorevole sostegno dei Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Solo questa generosa volontà collettiva ha permesso di superare i numerosi ostacoli incontrati sul cammino. 

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