Moschea, rinvio all’8 giugno, l’Imam: “Siamo qui finché non troveremo l’alternativa”

Firenze – Alla fine,  il tavolo salta. Non accolta dalla proprietà, la Finvi di Prato, la proposta avanzata dalla comunità islamica di consegnare le chiavi dell’immobile, ad ora adibito a luogo di culto, il 1 novembre “in qualsiasi caso, anche se non siamo ancora giunti a soluzione”, come dice l’Imam Ezzedin Elzir, viene invece accordata una “mezza” proroga di circa 40 giorni, fino all’8 giugno, come comunica l’ufficiale giudiziario. La reazione non si fa attendere: “Il 1 novembre diventa la soglia minima. Quella era una proposta per un accordo, ora non c’è più. Noi siamo qui a pregare”, dice l’Imam.

“Il giudice che ha concesso il rinvio ha fatto un gesto ragionevole – dice Elzir – noi avevamo chiesto il primo novembre, ma giustamente, dopo questa decisione, non c’è più la soglia del 1 novembre, saremo qui finché non troviamo un’alternativa, ora”. In altre parole: “La nostra proposta non c’è più (perché non è stata accolta dalla controparte, ndr) ora siamo qui finché non si trova un’altra alternativa”. Ancora, se l’8 giugno non ci saranno alternative, “siamo qui a pregare, come sempre”.

“Il vincolo di uscita del 1 novembre, che ci eravamo dati – specifica ancora l’Imam – aveva il senso di una proposta che mostrava la nostra buona volontà. Ma l’accordo si fa fra due parti: l’altra parte non ha accettato, a questo punto torniamo al prima: ora non possiamo mettere limiti”.

La vicenda, che come è noto va avanti da decenni, negli ultimi mesi ha ricevuto un’accelerazione, dovuta alla volontà della proprietà di riprendere possesso dell’immobile. Una volontà rispettata dalla comunità islamica, che da mesi sta lavorando alla costruzione di un’alternativa, non solo cercando il dialogo con la proprietà, ma anche ricercando e vedendo molti immobili. Notizie erano corse per quanto riguarda una presuta trattativa per la sede dell’ex banca sempre in piazza dei Ciompi, ma sembra sia caduta nel nulla, non solo per mancanza di interesse, ma anche perché la struttura è inadatta allo scopo. Una ricerca che tuttavia, complice anche la complessità della situazione abitativa fiorentina, è non solo molto difficile, ma si prospetta con tempi lunghi, anche in considerazione della numerosità della comunità islamica, che comprende oltre 30 mila persone. Un saggio si è avuto alla conclusione del Ramadan, ieri, quando, alle Cascine dove si svolgeva la preghiera di chiusura, c’erano almeno 10mila fedeli.

Una ricerca dunque che abbisogna di supporto anche istituzionale, e che non può essere abbandonata alla sola comunità. “Non c’è dubbio che la comunità da sola non può fare questa operazione, ma anche che non lo vuole fare, perché siamo parte integrante del tessuto sociale. Siamo cittadini fiorentini di fede islamica”.

“C’è un dialogo quotidiano col Comune – dice Elzir – ma se non ci sono risposte concrete, è evidente che non abbiamo fatto abbastanza”.

Dunque, sembra di capire che si ricominci. Intanto si riparte dal fatto che, dopo quello di dicembre, questo è il secondo accesso dell’ufficiale giudiziario. Il terzo sarà appunto l’8 giugno. Ed è realistico ipotizzare che sarà con la forza pubblica.

Per quanto riguarda il Comune, a segnare la posizione ufficiale è l’assessora Sara Funaro, presente stamattina. Sostegno indefesso e continuo, ma in concreto, nel senso magari di frugare nel patrimonio immobiliare comunale, niente. Anche perché, come dice Funaro: “Per attribuire un immobile pubblico, da parte di un ente pubblico, ci vuole una gara e una procedura che non si può saltare in nessun caso e per nessuno. Questo è l’abc”. Certo, ma come dice qualche piccolo appartenente dell’associazionismo, politico e sociale, presente stamane, niente vieterebbe per esempio di costruire un contratto privato, con tanto di canone e tutto ciò che serve. Anche perché, nonostante gli appelli del sindaco, Dario Nardella, che anche ieri era intervenuto sulla questione non solo augurandosi che la vicenda di stamattina fosse portata avanti nell’assoluta serenità delle parti, ciò che pare di capire dall’atteggiamento della proprietà è che lo sfratto in questione non sia considerato nell’ampiezza delle sue implicazioni sociali, e nella considerazione della complessità dei risvolti concreti per la comunità e la città.

“Penso che il risultato di oggi, che non ci siano stati problemi per la comunità e la città, sia già un risultato importante – sottolinea Funaro – ovviamente l’auspicio è che venga trovata una soluzione nel più breve tempo possibile, lo abbiamo sempre detto e lo ribadisco anche oggi: il diritto di culto è un diritto fondamentale. Oltre a questo, abbiamo sempre supportato e continueremo a supportare la comunità, sia nelle operazioni che sta portando avanti dal punto di vista di ricerca, sia in momenti delicati come questo, ci siamo stati e continueremo ad esserci. L’auspicio nostro, tengo a ribadirlo, è che si possa trovare comunque un canale di dialogo tra la proprietà e la comunità islamica. Mi sembra che l’Imam abbia già portato avanti tutta una serie di proposte, l’auspicio è che prima o poi venga ascoltato”.

Ma se il supporto del Comune è assicurato, ora e sempre, quali sono gli strumenti concreti che l’ente pubblico potrebbe sfoderare? “In realtà il Comune non ha in mano strumenti concreti di aiuto. Noi possiamo supportare, come abbiamo fatto e coninueremo a fare. In questo caso, c’è un dialogo fra parti. Lo abbiamo detto e lo ribadisco, la speranza è veramente che si possa arrivare a un punto d’incontro e  aun accordo. Se poi arriva da parte della comunità una soluzione prima, è asupicabile ed è la cosa migliore”. A proposito della natura del supporto da parte del Comune, “non penso che anche la nostra presenza qui, oggi, non sia un supporto- spiega Funaro – noi ci siamo e ci saremo”. In quanto a un’alternativa aiutata eventualmente in concreto dal Comune, è “la comunità islamica può cercare e trovare un’alternativa. Noi ci siamo per tutto ciò che è dialogo con il quartiere, con la cittadinanza”. Infine l’ipotesi Poc, ovvero una scelta pubblica, in cui prevedere lo spazio della moschea. Che ad ora non c’è. “Non è questo il tema oggi, il problema del Poc è di medio lungo percorso e non risponde alla necessità odierna di trovare una soluzione la comunità isamica”, conclude Funaro.

La solidarietà di Firenze.

Firenze città di La Pira, non potrebbe essere più evidente nell’impronta di solidarietà interrreligiosa che si è stretta attorno alla comunità islamica. In prima fila il presidente della comunità ebraica fiorentina Enrico Fink,  il direttore del seminario arcivescovile monsignor Alfredo Iacopozzi, il pastore della Chiesa Valdese Francesco Marfè, oltre alla comunità di Sant’Egidio. Fra gli assessori comunali, Sara Funaro e Andrea Giorgio. Presente il circolo del Pd Santa Croce Ciompi, la presidente della Commissione 7 Donata Bianchi, la consigliera comunale di Sinistra Progetto Comune Antonella Bundu. Diverse anche le associazioni cittadine presenti, fra cui Firenze Città Aperta, la Rete Antisfratto e il Movimento di Lotta per la Casa.

“Tutte le confessioni religiose, tutte le comunità  – dice il presidente della Comunità Ebraica Enrico Fink  – compongono quello che è il nostro vivere civile. Firenze da questo punto di vista credo sia un esempio. Non dappertutto purtroppo è così. Firenze ne ha la capacità, che è dovuta a tanti anni di convivenza, che non dipendono solamente dalle dirigenze, che sicuramente hanno avuto un’influenza, ma anche dagli iscritti. C’è un rapporto fra le varie comunità di vicinanza attiva che credo possa e debba servire da modello anche altrove. Oggi è un esempio di questo. Andando sul concreto, speriamo che sia anche l’inizio per non arrivare a momenti   una comunità che non se lo merita e che non vogliamo assolutamente vedere, e sopattutto di giungere al reperimento di uno spazio vero e degno della comunità islamica. Ciascuno ha bisogno di uno spazio per poter crescere, vivere, ma ciò non toglie che ci siano tanti luoghi di incontro”. Il luogo d’incontro per eccellenza “è Firenze, Firenze è il nostro tempio per la pace in questo momento, nel senso che è il luogo dove ci troviamo e viviamo tutti, noi siamo cittadini di Firenze. Tutti coloro che sono intorno a me, noi siamo cittadini di Firenze”. “Non dico niente di nuovo – dice ancora Fink – se ci pensiamo, il fatto che in tanti anni non si sia ancora trovato il modo di trovare una moschea, degna di rispetto, della comunità islamica e delle sue capacità non ha senso. Arriviamoci, arrivando oggi a non avere momenti di … bruttura”, che la nostra città non merita”.

“Piena solidarietà, come Diocesi, alla comunità islamica – dice monsignor Alfredo Jacopozzi – credo che questa situazione si potragga da troppo tempo e credo che più che mai oggi dobbiamo trovare una soluzione che sia accettabile e dingitosa, steticamente valida e comunitariamente vitale per tutti”. Per quanto riguarda il ruolo del Comune nella partita, “credo ci siano delle sinergie positive da parte di tutti, credo che il Comune deba esere qanto meno in prima persona attivo per una iniziativa del genere. Noi come comunità religiosa, non possiamo che sostenere questa iniziativa, che sia presa in mano dalle istituzioni, come un punto di forza”.

La presenza della comunità valdese, dice il pastore Francesco Marfè, significa innanzitutto “la manifestazione della nostra solidarietà. Non si tratta di una solidarietà fra minoranze; ci sembra ingiusto che una comunità fra l’altro così significativa, debba ritrovarsi senza un luogo dove celebrare il culto. E’ una questione delicata. Credo non ci sia niente da aggiungere alle parole del sermone dell’Imam di dicembre, nel corso del primo accesso dell’ufficiale giudiziario. Non si può che essere d’accordo con lui. La nostra Costituzione difende il diritto di proprietà, è giusto che il proprietario possa riavere il suo locale, ma questo non può andare contro al diritto di culto riconosciuto dalla Carta Costituzionale. Bisogna lavorare perché tutti possano vedere riconosciuti i propri diritti. La proprietà deve riavere il suo locale, ma certo non a discapito della comunità”.

Michele Brancale, della Comunità di Sant’Egidio: “Ci sembrava doveroso essere vicini alla comunità islamica in questo momento. il diritto a pregare è fondamentale presso qualsiasi comunità civica, e va difeso e sostenuto nei modi modi civili. La fede non è un fatto privato, personale, ma lo si vive nel mezzo alla comunità civile”.

 

 

 

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