Nell’annata 2014-2015 la produzione d’olio a Pistoia è crollata, peggio della media regionale. E l’olio certificato Igp toscano, nella provincia pistoiese, è stato addirittura annientato: da 2600 a 24 quintali. Ma le risposte ci sono e in gran parte ecocompatibili, purché ci si muova per tempo e il controllo duri tutto l’anno. Per Emilio Guerrieri i dati climatici di Pistoia sono quelli ideali per la mosca olearia, ci vuole quindi un complesso integrato di azioni fra cui anche: smuovere il terreno in inverno per esporre al freddo le larve, la «cattura massale» della prima generazione di mosche e, se necessario, insetticidi biologici che non uccidano i nemici naturali della mosca.
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«Come è tristemente noto, la mosca olearia non è l’unico problema dell’olivicoltura, qui da noi ad esempio c’è anche quello degli ungulati che distruggono le piante giovani. Ma senz’altro è stato il più pesante in quest’ultima annata olearia, perché l’infestazione di questa mosca è stata talmente grave da far sì che per molte aziende pistoiesi la raccolta sia stata tendente allo zero. Alcune sono riuscite a tirar fuori qualcosa, ma altre hanno rinunciato. E’ stata una vera calamità e quest’anno dobbiamo fare tutti gli sforzi per evitare che si ripeta. Questo incontro che come Cia Pistoia abbiamo organizzato insieme a Camera di commercio, Ordine degli agronomi e Strada dell’olio borghi e castelli della Valdinievole è stato pensato per verificare con due esperti di alto valore scientifico quali il prof. Emilio Guerrieri e il prof. Raffaele Sacchi quali siano le soluzioni, meglio se con metodi ecocompatibili, per tenere sotto controllo la mosca olearia. Il cambiamento climatico è ormai un dato di fatto e bisogna tenerne conto giocando d’anticipo».
Così Sandro Orlandini, presidente di Cia Pistoia, si è espresso a margine del seminario «Controllo eco-compatibile della mosca olearia ed ottimizzazione della qualità dell’olio» tenutosi ieri nella sede della Camera di commercio di Pistoia. Incontro che, come dice il titolo, ha offerto con il secondo dei relatori, Raffaele Sacchi, docente di Industrie agrarie all’Università di Napoli Federico II, spunti utili anche sul fronte dell’obiettivo qualità del prodotto.
Ma il tema centrale è stato come impedire il ripetersi di infestazioni della mosca olearia. «Una tragedia – ha detto Franco Pasquini, agronomo e capo panel del Comitato assaggio olio vergine di oliva della Camera di commercio di Pistoia -, per cui, per non arrivare impreparati alla prossima raccolta, come è ormai entrato nella testa di tutti, bisogna intervenire molto prima. Quindi bisogna già iniziare il campionamento a fine giugno-luglio» e seguire metodi come quelli indicati dai professori Guerrieri e Sacchi. «I produttori – ha concluso – non possono far conto che la mosca non ci sia e perdere l’annata, in qualunque momento devono essere pronti a intervenire». Del resto alcuni dei dati da lui presentati in apertura del seminario sono scioccanti: la Toscana, con una riduzione pari a -77%, è stata una delle regioni italiane che hanno subito cali più pesanti nella produzione di olio tra il 2013-2014 e il 2014-2015. Peggio ancora è andata a Pistoia, dove è stato impressionante in particolare il crollo dell’olio extravergine certificato Igp toscano, praticamente annientato: da 2600 a 24 quintali.
Cosa fare dunque? La sintesi della risposta è nel titolo della relazione di Emilio Guerrieri, responsabile tecnico-scientifico dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Cnr di Portici (Napoli): “Il clima cambia. Il controllo della mosca? Anche!”. Bisogna dunque cambiare il modo di controllare la mosca olearia. Come ha spiegato infatti Guerrieri in margine all’incontro, «l’olivicoltura moderna, anche nella difesa dalle mosche delle olive, deve adeguarsi al cambiamento climatico. Noi vediamo un’aggressività maggiore di tutti gli insetti e anche delle patologie delle piante coltivate che deriva proprio da una diversa distribuzione delle acque e soprattutto da un diverso andamento termico nella nostra nazione. I dati climatici dell’anno scorso nella Provincia di Pistoia, che ho raccolto da Internet, dimostrano come queste condizioni, paragonate alle condizioni ottimali per lo sviluppo della mosca, coincidano perfettamente. Quindi non possiamo più affrontare il controllo della mosca, come si faceva tradizionalmente, con una serie di trattamenti durante la lavorazione delle olive, ma dobbiamo cominciare a pensare alla mosca ben prima».
La risposta concreta è dunque attivarsi subito e procedere con un complesso integrato «di diversi accorgimenti sia di natura agronomica che di natura colturale che di natura biologica». Quindi «tenere presente molto bene la prima generazione della mosca delle olive cercando di abbatterla quanto più è possibile con metodi anche ecologici quindi con una cattura massale degli adulti» e ricordarsi che «qualche lavorazione superficiale fatta durante l’inverno favorisce una diminuzione della popolazione svernante perché gli stadi svernanti vengono posti all’esterno e quindi soffrono di più il freddo… si tratta di smuovere il terreno in maniera superficiale in modo da esporre gli stadi svernanti che di solito si trovano nei primi centimetri di terreno». E poi bisogna «favorire il controllo biologico e ove mai le soglie di intervento venissero superate anche in queste condizioni di prediligere insetticidi, anche di natura “biologica”, che possano disturbare il meno possibile quei nemici naturali della mosca che nel nostro oliveto ci sono sicuramente e che noi dobbiamo anche cercare di proteggere per farci dare una mano».
Sul tema della mosca olearia, Raffaele Sacchi, la cui relazione era intitolata “Qualità è quantità?” e affrontava altri temi quali le buone pratiche di produzione per ottenere quella qualità sensoriale, quegli aromi e profumi che sono così importanti anche per il nostro benessere, ha messo in evidenza come «alcuni studi che stiamo facendo dimostrano che la mosca, la sua presenza con la puntura che può fare sull’oliva, questa piccola agopuntura (quando è presente ovviamente in piccole quantità, in un ecosistema sostenibile), può far sì che quell’annata le olive producano più sostanze aromatiche e quindi gli oli siano paradossalmente più profumati. Quindi in un’ottica ampia di controllo di questo insetto, e non di distruzione, bisogna tener conto che mantenere la biodiversità, mantenere il controllo di ecosistemi naturali può far sì che effettivamente il prodotto tipico possa beneficiare delle interazioni tra pianta e stress biotici come la mosca o abiotici quali quelli climatici». Insomma non c’è bisogno e non è nemmeno auspicabile eliminare del tutto la mosca olearia, che c’è sempre stata del resto, ma di ridurne drasticamente la presenza, riportandola ai livelli bassi di un tempo.