Sono passati 52 anni ma Reggio non dimentica. Il 7 luglio 1960 Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri e Afro Tondelli caddero sotto i colpi della polizia di Scelba durante una manifestazione contro il governo Tambroni. Fu uno degli episodi più sanguinosi del dopoguerra, che precedette la tormentata stagione degli anni di piombo.
Cinquantadue anni sono tanti ma le ombre non sono ancora state dissipate del tutto. Soprattutto sulle responsabilità permangono ancora dubbi che il tempo e la storia non hanno consentito di scigliere. Resta comunque di vitale importanza l’affermazione ribadita oggi dal sindaco di Regio Graziano Delrio, affiancato dal primo cittadino di Genova Marco Doria, ospite della celebrazione: la democrazia non deve uccidere se stessa.
Alla commemorazione erano presenti anche l’assessore Ilenia Malavasi in rappresentanza della Provincia di Reggio; il prefetto Antonella De Miro; familiari delle vittime; rappresentanti dei sindacati Cgil Cisl e Uil, delle forze dell’ordine, sindaci del Reggiano, partigiani.
Le scuse per il G8. “Ovidio Franchi aveva 19 anni; Lauro Farioli ne aveva 22; Afro Tondelli 36; Emilio Riverberi 39 e Marino Serri 41. Li abbiamo ricordato adesso, ponendo una rosa nei punti in cui sono caduti, per dire che la nostra terra non vuole dimenticare il loro sangue. E crediamo che molti dei risultati che abbiamo ottenuto nella nostra comunità siano dovuti anche al sacrificio, alla dedizione, alla volontà di cambiamento che quei giovani avevano manifestato quel giorno”.
“Non possiamo non pensare – ha detto ancora Delrio – a quello che è successo due giorni fa con la sentenza sui fatti alla caserma Diaz durante il G8, che ferirono nuovamente la città di Genova e il nostro Paese. La Corte di cassazione ha finalmente detto una parola chiara e di questo avevamo bisogno, anche se dopo 11 anni. Così come avremmo bisogno di una parola chiara, più chiara, sui fatti di Reggio Emilia del 1960, una parola questa che ancora attendiamo. E non c’è gioia, nonostante questa parola chiara, perché l’orrore di quei giorni di 11 anni fa a Genova resta e questo sangue è un sangue che si fa fatica a lavare. Anche se è giusto pensare, come ha detto il capo della Polizia, che è giunto il momento delle scuse per la Diaz. E noi ne siamo felici. Perché se al di là di una sentenza, il capo della Polizia si sente in dovere di chiedere scusa, vuol dire che allora ci sentiamo più a casa nella nostra Repubblica e possiamo ancora scrivere tante pagine insieme”.
Delrio ha poi fatto un forte rihiamo all’attualità: “Credo che anche oggi noi siamo di fronte a un crocevia di cambiamento. Pensiamo con preoccupazione enorme ai dati sulla disoccupazione giovanile: più del 36 per cento dei giovani oggi è senza lavoro. Siamo davanti a delle attese da parte delle giovani generazioni e oggi come allora lo Stato, la Repubblica, le Comunità locali debbano provare a dare una parola diversa, una parola di responsabilità, una parola di priorità, perché oggi la nostra ossessione deve essere quella di lavorare per creare lavoro, per dare aspettative a questi giovani, per non deludere le loro speranze”.