D’accordo, la ricerca 2013 è stata commissionata dall’Upi, l’Unione delle Province appunto ma i dati ricalcano sostanzialmente quelli di due anni fa usciti dalla Bocconi, la stessa Università che ha formato persone del calibro di Mario Monti per intenderci, da cui è partito per primo l’input per abbatterle. E dovrebbero far riflettere sul perché l’accanimento da spending review si stia abbattendo quasi esclusivamente sulla Cenerentola della Pubblica Amministrazione. Forse proprio perché è la meno costosa e la meno dotata di apparati. E una volta morta e sepolta, i veri baracconi pubblici dell’amministrazione, quelli che formano burocrazie e dirigenze, resteranno intonsi e lindi (con una mano sul cuore e l’altra sul nostro portafoglio) a funzionare, male per l’appunto.
Ma veniamo a noi: nel totale della spesa pubblica, le Province incidono per l’1,26%, rispetto all’8% dei Comuni e al 20% delle Regioni. Tutti questi enti locali complessivamente incidono per il 29,8%.
Nel 2012 le Province italiane hanno speso 10.111 milioni di euro, di cui 10.006 per l’erogazione di servizi (quasi tutti) essenziali, ovvero sono stati spesi “solo” 105 milioni per i suoi organi istituzionali. Le Province, lo ricordiamo, si occupano prevalentemente di scuola, strade, sviluppo economico, promozione di turismo e cultura e tutela ambientale.
La Provincia costa in media al cittadino 1,5 euro all’anno, 10 il Comune, 14 la Regione. Mentre dal 2008 ad oggi le Province hanno abbattuto di oltre l’11% la spesa corrente. Il Comune l’ha tagliata del 2,6, le Regioni l’hanno aumentata, dicasi aumentata, del 7%.
Con le progressive manovre economiche le Province hanno tagliato del 25% i propri bilanci (rappresentando lo ricordiamo una spesa dell’1,26% del totale della spesa pubblica). Il cosiddetto Federalismo, o decentramento delle competenze tra Stato e Regioni invece di portare al risparmio, ha prodotto un aumento di spesa pari a 100 miliardi di euro per l’amministrazione centrale e 40 per le Regioni.
E’ infatti l’ente Regione ad avere costi davvero sproporzionati rispetto alla sua utilità; per non parlare dei recenti scandali che hanno attraversato lo Stivale da nord a sud. Per non parlare della spesa regionale pro-capite e della differenza tra Regioni a statuto ordinario e Regioni a statuto speciale. La spesa corrente per ogni cittadino è i media di 404 annui per le Ordinarie, 4642 per le Speciali. Un divario abnorme.
Esiste una miriade di enti strumentali, partecipate, agenzie e simili che, tra Regioni, Province e Comuni, esercitano sostanzialmente negli ambiti di stretta competenza degli enti locali, cioè sono pressoché (o quasi) inutili; secondo il Ministero per lo Sviluppo sono oltre 3100. Questi, assieme ad Ato, Bacini montani e Consorzi di Bonifica sono costati nel 2012 7 miliardi e 400 milioni di euro.
Se si volesse tagliare davvero razionalizzando la spesa pubblica in base al tradizionale rapporto costi/benefici, si saprebbe da dove iniziare. E in questa sede non accenniamo nemmeno alle spesi di Parlamento, parlamentari e burocrazia ministeriale.