Monti Python e il senso della crisi

Il Fondo rimanda ancora il risanamento del bilancio italiano mentre i Monti brothers continuano a tartassare i soliti noti. In nome della speranza

Sabato 14 aprile, Roma, via Condotti: la strada lastricata di lusso che da piazza di Spagna conduce in via del Corso e ti sospende per un attimo dalla dimensione archeologica per farti ripiombare nell’attualità. In un’insolita mattinata piovosa per la capitale, migliaia di turisti sono in affanno alla ricerca di un ombrello a buon mercato. Per poter continuare a gustarsi le bellezze della Città Eterna senza pagare al tempo un prezzo eccessivo. Decine di bengalesi lo offrono mediamente a 5 euro; trattando però il prezzo può scendere ulteriormente. Non c’è in pratica passante che non si serva del modico riparo. O meglio, qualcuno c’è. Mentre consumiamo allo storico Caffè Greco la nostra parte di ricercata celebrità scorrendo i ritratti dei grandi alternatisi al bancone, la scena si sposta nel negozio di fronte. Una distinta coppia sui 40 anni, signorile ma di un benessere fino a quel momento non esibito, entra da Bulgari e ne esce con due ombrelloni neri, con simboli d’oro, da coprire mezza strada una volta aperti in tutto il loro splendore estensivo. Sembrano divinità egizie che incedono tra la folla dei figli di un ombrello minore; scansano gli schiavi bengalesi e i loro sciatti ripari, evitano i turisti coi loro k-way d’accatto. Anche la clientela del Caffè, non propriamente dei barboni, li guarda estasiata. Tra l’adorazione e l’invidia. Via Condotti termina sostanzialmente con la casa di Carlo Goldoni ma a nessuno frega niente. Gli occhi sono tutti per loro, gli Akhenaton e Nefertiti de noantri. Che hanno scialacquato svariate centinaia di euro per due gocce d’acqua. Probabilmente 200 euro a goccia.

E’ la fotografia fedele dell’Italia dei Monti brothers; una crescente fetta di persone al limite della povertà (categoria da declinare, certo, a seconda dei contesti), dipendenti e pensionati tartassati da un fisco ormai poco sotto il 50% e qualche sparuto riccone-privilegiato, sempre più raro esemplare nell’oasi degli Intoccabili. Figli di imprenditori un tempo arricchitisi nel vuoto legislativo di turno o grazie a specifiche leggi di Stato, residui di super-manager pubblici e privati che si auto-determinano (il principio dell’autodeterminazione dalle nostre parti non vale, come sarebbe naturale, in biologia ma solo, più innaturalmente, nell’ingiustizia socio-economica) benefit ed emolumenti indipendentemente dallo stato di salute della società, parassiti di un’imperitura evasione fiscale, elementi della Casta politica arroccata alla poltrona e a quell’abominio antropologico che convenzionalmente chiamiamo “rimborso elettorale” ai partiti. Che nemmeno davanti alle inchieste giudiziarie che stanno svelando come il grosso di quell’immorale fiume di denaro andasse in realtà a finanziare appartamenti privati di tesorieri e gioielli di concubine varie, hanno il benché minimo scatto di coscienza. L’Italia sennò finirebbe in mano alle lobbies…sai che peggioramento. La Fornero e Catricalà sono lì, per risollevare dalla precipitosa china verso gli abissi il Paese intero, forti del loro curriculum e della vita dolorosa che li ha da una parte segnati, dall’altra iniziati ai sublimi misteri della teoria totalmente slegata dalla prassi.

Dalle pagine del nostro web-magazine avevamo recentemente sollevato una domanda: se fosse moralmente legittimo pagare a quello Stato ed alle sue decadenti propaggini responsabili del disastro e dell’affamamento generali, disumanizzanti balzelli; in più progressivi e giustificati come risposta all’adagio montiano che non ci sarebbe altra via d’uscita se non il blocco dei consumi, l’impoverimento delle classi medie, il cecchinaggio quotidiano sui trasporti, la morte metafisica della cultura e dell’istruzione. Un cimitero di belle intenzioni in nome della speranza. Procrastinata anno dopo anno dal Fondo se per speranza ci limitiamo al bilancio risanato. E continuiamo a chiedere (forse gli esperti potrebbero aiutarci) cosa potrebbe esserci di peggio. Dal canto suo il presidente Napolitano, già alto esponente del Pci ai bei tempi dell’Urss nel fiore delle sue capacità intellettuali, ci insegna che “i partiti non sono il regno del male”. E giù applausi.

No, presidente; infatti i partiti oggi non sono il regno del male bensì del nulla ideale e del vuoto morale. Parafrasando la Arendt, la quotidianità del vuoto ideale. Un gorgo nel nulla in cui scompaiono soldi pubblici. Che il male almeno ha per i credenti sostanza ontologica e per gli altri interrogazione filosofica. Per questo, scendendo ai fatti locali, l’opinione pubblica si attende un segnale forte dal prossimo consiglio comunale reggiano quando la mozione anti-casta, forse, sarà discussa. Si tratta del taglio di qualche assessore e di qualche figura dirigenziale per risparmiare e girare il bentolto a settori di reale investimento nel futuro di giovani e prossime generazioni. Per chi ancora non l’avesse capito, i cittadini oggi hanno bisogno di esempi. In assenza dei quali, il naufragio batterà rotte inesplorate

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