Il rumore-clamore non è mancato. Non sono mancate nemmeno le poco rumorose reazioni di quei sindaci che hanno preso le distanze dalle parole del sindaco di Brescello, Marcello Coffrini, il quale aveva sorpreso tutti riservando parole amichevoli nei confronti del concittadino condannato per mafia Francesco Grande Aracri, definito pacificamente “una persona educata e tranquilla che lavora“. Era addirittura sembrato che il richiamo ricevuto dai colleghi e dal segretario provinciale del Pd, Andrea Costa, potesse rappresentare l’occasione per un’azione forte, acuta, che dimostrasse senza ombra di dubbio che il tessuto socio-politico della terra reggiana è compatto e omogeneo nel rendere l’idea che la mafia e la ‘ndrangheta non possano farvi breccia.
Domani sera, in Sala Tricolore, il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti (foto) sarà relatore, insieme al giudice del Tribunale di Milano Giuseppe Gennari, della conferenza “Reggio contro le mafie“. Un incontro – alla presenza del sindaco di Reggio Luca Vecchi e dell’assessora alla sicurezza e cultura della legalità Natalia Maramotti – che prenderà le mosse da alcune precise probelmatiche: Come si sono radicate le mafie a Reggio Emilia? Cosa può fare ogni cittadino contro le organizzazioni criminali di stampo mafioso? Quali azioni devono intraprendere i sindaci per un contrasto più efficace?. Un’iniziativa che si somma ai tanti piccoli segnali di quella che può definirsi come una forma di mobilitazione del mondo della società civile e della politica.
Nel frattempo, però, cos’è concretamente successo? Mobilitazione antimafia? Succede che a Brescello si mobilitano in centinaia, sì, ma per difendere il proprio sindaco. E a firmare a favore di Coffrini chi c’è? Il figlio di Francesco Grande Aracri. Tutto questo mentre il consiglio comunale brescellese conferma piena fiducia al proprio primo cittadino. Come passare dall’inquietante all’inquietante attraverso una pantomima.
E a Montecchio? Parallelamente al caso Coffrini era scoppiato, con boato minore, quello della scuola montecchiese il cui appalto di costruzione era andato a una ditta campana che non aveva presentato il certificato antimafia e che poi non ha realizzato il lavoro. Una polemica smorzata dalle dichiarazioni delle autorità comunali che ricordavano come il certificato fosse stato richiesto e per il quale si fosse in attesa dell’invio da parte delle autorità competenti. Ma non tutto sembra chiarito, tant’è vero che oggi il consigliere comunale reggiano Giuseppe Pagliani (Forza Italia) chiede che “vengano rese pubbliche le ragioni della risoluzione del contratto. Anche perché le risoluzioni dei contratti di opere pubbliche non sono certo atti di ordinaria amministrazione, né tanto meno abituali, ragione per la quale è indispensabile che le motivazioni addotte dal Comune di Montecchio risultino ineccepibili e fondate, poiché diversamente potrebbe essere chiamato a dovere risarcire i danni alla ditta aggiudicataria dell’appalto“.
Comunque sia, il timore è che si stia perdendo un’eccezionale occasione per fare qualcosa di veramente importante e concreto contro la subdola e strisciante azione di infiltrazione mafiosa sul territorio. La sensazione è che quello che resterà, dopo l’acclamata levata di scudi di queste settimane, sarà esattamente quello che c’era prima.