Migranti, a Coiano di Prato le storie “che cambiano il cuore”

Prato – Poche sere fa  al Circolo Arci Casa del Popolo di Coiano di Prato si è svolto un incontro dal titolo “Da Dove Veniamo” il primo di una serie di iniziative “I Migranti raccontano.Testimonianze di un Viaggio”, organizzato dai Giovani Democratici e dall’Opera Santa Rita, aperto alla città, alla presenza di un gruppo di migranti che hanno affrontato il mare in condizioni disumane  per fuggire a un destino  di morte e che attualmente sono ospitati presso la Cooperativa 22 che fa capo alla Fondazione Santa Rita di Prato.

Ai luoghi comuni più gettonati, alle frasi ricorrenti che vanno da: “Vengono qui e ci rubano il pane e il lavoro”, oppure “Quei barconi sono pieni di terroristi dell’Isis…..”, oppure “Ma lo sapete che gli immigrati incassano dallo Stato 40-50 euro al giorno?”, o ancora “Sono ospitati  in alberghi a cinque stelle, e si lamentano pure…”, i migranti hanno risposto con i loro drammatici racconti dicendo che hanno affrontato  il mare di notte e rischiato la vita per arrivare  sulle nostre coste in cerca di pace, di pane e della speranza in un futuro migliore, nel tentativo di lasciarsi alle spalle tutta la disperazione, la miseria, le guerre e la fame.
Hanno parlato della grande organizzazione degli scafisti del Mediterraneo, dei loro  drammatici ed estenuanti viaggi nel deserto, dell’esistenza di lager in Libia dove la violenza dei carcerieri era indescrivibile, dei naufragi e del dolore di chi ha visto morire mariti,padri,madri, fratelli e figli o perché uccisi prima di imbarcarsi o perché inghiottiti dalle acque del Mediterraneo.
“L’accelerazione principale” ha ricordato il vicesindaco Simone Faggi, è iniziata nei primi mesi del 2011 “con lo scoppio della guerra in Siria”, con 11 milioni e 600 mila persone tra sfollati interni e rifugiati. A questi si aggiunge chi fugge da altre situazioni difficili, visto che negli ultimi 5 anni sono stati 15 i conflitti scoppiati o riattivati tra l’Africa, il Medio Oriente , l’Europa  e l’Asia.
“Con la caduta del leader libico Gheddafi – continua Faggi – il Sistema Italia non riesce a far fronte ai nuovi migranti perché chi emigra non ha una rete amicale, parentale o di sostegno e i CAS sparsi e diffusi sul territorio non riescono a sopperire alle emergenze”.
Roberto Macrì, presidente di Opera Santa Rita ha detto: “Dove ci sono persone in difficoltà noi cerchiamo di esserci. Siccome questi uomini e queste donne fuggono dalla guerra e dalla disperazione, noi dobbiamo aiutarli e dobbiamo assicurar loro una speranza”.
L’accoglienza  dunque non più intesa come emergenza ma nemmeno come un problema con la conseguente caduta del luogo comune del profugo che toglie il lavoro agli italiani. Macrì ha ricordato anche il triste fenomeno del caporalato di cui furono vittime alcuni  profughi di Prato che erano stati reclutati per lavorare nei campi del Chianti del cantante inglese Sting, ignaro di tutto, un fatto che emerse grazie a delle segnalazioni in seguito alle quali scattarono le denunce e gli arresti.
Ma una storia  può anche cambiare il senso delle prospettive e così Roberto Macrì ricorda l’episodio di Papa Francesco che senza mai evocare le barricate anti immigrati raccontò in un’udienza di qualche mese fa un fatto di cui era venuto a conoscenza, e che  aveva come protagonisti un tassista romano, una signora, nipote di sopravvissuti al genocidio armeno, e un profugo senza scarpe, sporco e che puzzava.
Al rifugiato senza scarpe che cercava la strada per andare a San Pietro e entrare nella Porta Santa, una signora impietosita chiamò un taxi, nonostante quel migrante puzzasse e l’autista del taxi non volesse farlo salire.
 Grazie all’insistenza della signora, il rifugiato salì in macchina con lei accanto e durante il viaggio cominciò  a narrare la sua storia: le  parlò del suo dolore, della guerra, della fame, spiegando perché era fuggito  dalla sua patria per migrare in Italia. Arrivati a San Pietro, alla signora che aprì  la borsa per pagare il tassista, questi, che all’inizio non voleva che il migrante salisse perché puzzava, rispose un deciso no: “Sono io che devo pagare lei, perché lei  mi ha fatto sentire una storia che mi ha cambiato il cuore”.
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