Microimprese, la forza del piccolo traina l’occupazione italiana

Firenze – Se la cosa era risaputa, tuttavia vedendo i dati diventa una vera e propria particolarità fondamentale per l’economia italiana: nel nostro Paese le imprese con meno di 20 addetti sono oltre 4 milioni (pari al 98,2 per cento del totale) e danno lavoro a 8 milioni tra operai e impiegati, pari al 56,4 per cento di tutti gli addetti del settore privato presenti in Italia.A mettere nero su bianco le cifre di questa economia, è l’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, che tira i conti anche per quanto riguarda l’Eurozona:  “Nessun altro Paese dell’Eurozona – si legge nella nota – può contare su una platea di micro aziende così fondamentale per l’occupazione”.

“Stimiamo che almeno il 70 per cento di questi piccolissimi imprenditori prima di mettersi alla guida della propria attività abbia lavorato come dipendente – dice  Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi – un’esperienza che è stata determinante per la formazione e il know how di questi titolari d’azienda che, tra le altre cose, hanno da sempre un rapporto con le proprie maestranze fondato sulla stabilità, il rispetto e l’amicizia. Valori che sono alla base degli straordinari risultati occupazionali ottenuti da queste realtà, nelle quali il lavoratore dipendente costituisce una risorsa e non, come spesso avviene nelle grandi imprese, un semplice numero”.

Per comprendere l’importanza della platea delle microimprese per l’occupazione italiana, basta fare il confronto con gli altri paesi europei: se nelle realtà italiane con meno di 20 addetti lavora il 56,4 per cento degli occupati del settore privato, “la media dell’Eurozona, invece, si attesta al 39,9 per cento, vale a dire 16,5 punti percentuali in meno rispetto all’Italia”. In particolare sono gli esempi di Francia e Germania a essere illuminanti. “Se nel primo caso l’incidenza è del 34,7 per cento, nel secondo scende addirittura al 30,5 per cento”, il che significa, concludono dalla Cgia, “che in questi due Paesi, a trainare l’economia è la grande e non la piccola impresae”

. “Le nostre micro aziende – sottolinea ancora il Segretario della CGIA Renato Mason – rappresentano l’asse portante dell’economia del nostro Paese e assolvono anche un ruolo sociale importantissimo. Purtroppo, ce ne accorgiamo quasi sempre troppo tardi, ovvero quando non ci sono più. Le chiusure di tantissimi piccoli negozi e botteghe artigiane avvenute in questi ultimi anni, infatti, hanno reso i centri storici e, soprattutto, le periferie delle nostre città più insicure e meno vivibili”.

Le conseguenza economiche di questo straordinario parco risorse non è solo occupazionale. Infatti, le micro realtà produttive costituite da milioni di artigiani, commercianti, esercenti e piccolissimi imprenditori, “sono importanti anche per il peso del fatturato e del valore aggiunto che producono. Secondo gli ultimi dati riferiti al 2015, le aziende italiane con meno di 20 addetti hanno generato 1.071 miliardi di fatturato che incidono per il 35,9 per cento sul totale nazionale. Per quanto riguarda il valore aggiunto, ovvero la ricchezza prodotta nel Paese, queste piccolissime attività hanno realizzato 286 miliardi di euro, pari al 9,9 per cento del totale nazionale”.

Restando nell’ambito del lavoro, l’Ufficio studi della Cgia ha stimato anche l’andamento degli occupati e dei disoccupati previsto nel secondo semestre di quest’anno. Così, fanno sapere dalla Cgia veneta, “stando alle previsioni formulate prima dell’estate dalla Commissione europea e da Prometeia, negli ultimi 6 mesi dell’anno dovremmo registrare, rispetto allo stesso periodo del 2017, 36 mila occupati in più (+0,2 per cento) e 25 mila disoccupati in meno (-0,9 per cento)”.

 

 

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