Mercato unico Ue – Usa: i dubbi e i timori della Toscana

Firenze – Il mercato nordamericano è così importante per la Toscana, star dell’export anche in tempo di crisi, che vale la pena arrivare preparati alla eventuale conclusione dei negoziati euro-americani per dare vita a una “Partnership transatlantica su commercio e investimenti” (TTIP).

E’ il compito che si sono posti l’Associazione Amerigo di Firenze, l’Istituto Ires  e la CGIL toscana che hanno organizzato un seminario con l’obiettivo di fare il punto sulle trattative e cercare di prevederne gli sbocchi e l’impatto. I dati parlano chiaro: la Toscana ha registrato un grande aumento dell’export nonostante la crisi. L’America è il primo mercato di sbocco extraeuropeo delle merci  toscane con il 9,5% del volume delle esportazioni. Fra il 2008, anno del primo impatto della crisi e il  2014 la quota è cresciuta a oltre 3 miliardi di euro, vale a dire +48,5% di crescita.

Dunque i toscani dovrebbero essere contenti del nuovo trattato di partnership, che abbatte tariffe e regolamentazioni, ma alla condizione che “gli accordi puntino sul rialzo dell’alta qualità, ciò che ha permesso alla Toscana di resistere ai colpi della recessione”, ha detto Stefano Casini Benvenuti direttore dell’Irpet, e, soprattutto, che vi siano meccanismi che favoriscono gli investimenti: “Non è possibile immaginare una ripresa solo con l’abbattimento delle barriere non tariffarie per il commercio e senza riavviare ingenti investimenti pubblici”, ha detto ancora il direttore dell’Irpet, ricordando che durante la crisi la Toscana non ha fatto investimenti per un importo calcolabile intorno ai 45 miliardi.

Del resto, la novità del TTIP sta proprio nel fatto che non è solo un accordo di libero scambio, ma punta a una partnership economico-finanziaria in grado, almeno in parte, di riportare l’asse dello sviluppo alle coste dell’Atlantico dal Pacifico della Cina, dell’India e delle Tigri asiatiche dove si produce il 54% del prodotto lordo mondiale. Come ha ricordato il console americano a Firenze signora Abigail Rupp, fondamentale è per esempio la definizione di standard perché gli stessi prodotti possano essere venduti in America e in Europa, così come l’obiettivo di migliorare l’accesso ai servizi.

In generale i vantaggi per l’Europa, sottolineati dall’economista Mario Deaglio dell’Università di Torino, sono evidenti per quanto riguarda i settori manifatturieri europei, dalla meccanica all’alimentare, “nei quali un rapporto più stretto con il mercato americano consentirebbe un nuovo dinamismo” E comunque ci si aspetta un aumento di produzione e di occupazione, nonché del welfare,  “per l’azione del principio dei vantaggi comparati”. Solo da questo accordo, secondo gli scenari più accreditati, ci si aspetta fra dieci anni un aumento del prodotto nazionale lordo dello 0,45%

Ma i dubbi e le contestazioni che hanno accompagnato nel 2014 la rivelazione (voluta dal Governo italiano) che Bruxelles stava trattando con Washington da quasi tre anni sulla Partnership transatlantica non sono infondati anche alla luce di dichiarazioni come quella del presidente Obama che ha parlato di “dare forma al modo nel quale lavoriamo e il modo nel quale viviamo le nostre vite quotidiane”, citata da Mauro Lombardi professore di Economia all’Università di Firenze.

Ci sono settori come i regolamenti sanitari (tipo OGM), normative relative a marchi, brevetti e concorrenza, o questioni come gli arbitrati internazionali nelle controversie tra imprese e Stati che rischiano di creare un “universo giudiziario sopranazionale sostanzialmente privato” che sono altrettanti nodi sostanziali nei rapporti fra le due sponde dell’Atlantico. La normativa europea riflette una sensibilità dei cittadini che è opposta a quella americana. E in generale gli europei – sindacati, associazioni non governative, ecologisti, studiosi – temono, a ragione, che tutto si risolva in una posizione di subordinazione al modello americano con effetti dirompenti sul sistema socio-economico del nostro continente che difende i propri servizi pubblici e il sistema universale di assistenza sanitaria.

E’ questo il motivo di un sostanziale blocco delle trattative che la Commissione europea persegue trattandosi di un settore che è sottratto alla sovranità dei singoli stati membri. Il 14 marzo si è concluso un round negoziale a Bruxelles,  mentre il prossimo si svolgerà a Washington. Sarà ancora lungo il percorso visto che si avvicina la campagna elettorale americana e il Parlamento europeo non sembra entusiasta. Anche perché finora l’unico accordo trovato riguarda la lista delle questioni sulle quali si è in disaccordo.

Foto: www.greens-efa.eu

 

 

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