Ancora in ribasso l'erogazione del credito concesso alle famiglie, ma alcuni segnali potrebbero portare a sperare in un miglioramento. E' questa la sintesi cui giunge l'ufficio studi di Tecnocasa, che da sempre ha una lente privilegiata sulla concessione dei mutui alle unità famigliari.
Così, dopo un 2012 caratterizzato da volumi in netto ribasso, “nel 2013 la contrazione sta rallentando e nel terzo trimestre 2013 si attesta a -7% rispetto allo stesso trimestre del 2012”. E, anche se il dato resta ancora pesante e negativo, Tecnocasa segnala che a partire dall’estate scorsa la domanda di mutui è in aumento, con un trend che non si interrompe neanche all’inizio del 2014. Dunque, i prossimi mesi sono attesi in linea con la tendenza rilevata nel 2013, mentre viene dato per probabile un lieve incremento delle erogazioni nella seconda parte del 2014. L'analisi compiuta da Tecnocasa e che riguarda il 2013 ha preso in esame “parametri quali finalità dell’operazione, tipologia, durata e importo medio di mutuo di tutti coloro che hanno sottoscritto un finanziamento ipotecario attraverso le agenzie a marchio Kìron ed Epicas”.
Finalità dell'operazione – Dal momento che i mutui ipotecari vengono erogati dagli istituti di credito per vari motivi, l'analisi ha preferito aggregarli in gruppi distinti. Una distinzione che permette agevolmente di individuare la fetta più consistente di richieste e erogazioni nell'acquisto della prima casa, che da sola arriva all'85% delle operazioni di mutuo, mentre le operazioni che riguardano l'acquisto della seconda casa ammontano al 2,7%, maggiore liquidità 2%, sostituzione e surroga (riguarda la richiesta di un altro mutuo per migliorare le condizioni economiche del primo o per ottenere altro denaro) rappresentano l’1,4%.
Tipologia di mutuo – Questa voce riguarda i molteplici prodotti ipotecari erogati dalle banche, che vanno da quelli a tasso variabile (che prevede una rata collegata nel tempo ad un tasso di riferimento (solitamente l’Euribor, oppure il tasso BCE) e ogni variazione positiva o negativa di tale tasso si traduce automaticamente in un aumento o in una diminuzione della rata), a quelli a tasso variabile con Cap (stesse caratteristiche del tasso variabile puro, ma con l’opzione di avere un tetto massimo (definito in fase di stipula del contratto) che il tasso non può superare), da quelli a tasso fisso (la rata non varia durante l’operazione in quanto il tasso applicato è definito nel momento in cui viene sottoscritto il contratto in funzione del parametro di riferimento), a quelli a tasso misto (si tratta di un mutuo flessibile che offre la possibilità al mutuatario di passare da una rata a tasso fisso ad una a tasso variabile, o viceversa, a scadenze predefinite al momento della stipula del contratto) al mutuo a tasso variabile e rata costante (sono le variazioni del tasso di riferimento a determinare la durata del rimborso del mutuo). E' chiaro che l'applicazione maggiore o minore dei modelli citati è cnseguenza delle circostanze economiche e serve da segnale per le stesse: in questo momento, le dinamiche degli indici di riferimento evidenziano tassi che hanno raggiunto valori storicamente minimi e un costo del prodotto (spread) medio più contenuto rispetto agli anni passati. Ed è con riguardo a questo contesto che poco più del 43% dei mutuatari ha scelto un tasso variabile puro, approfittando della convenienza delle rate ma assumendosi il rischio di un futuro aumento dei tassi. Una fascia pari al 18,8% dei richiedenti mutuo ha invece deciso di tutelarsi da possibili fluttuazioni al rialzo sottoscrivendo un mutuo a tasso variabile con Cap, il che ha però comportato una maggiorazione del costo del prodotto. Di contro, una fetta che va poco oltre il 20% dei mutuatari ha scelto la stabilità del tasso fisso nonostante ciò comporti un costo in media superiore rispetto al tasso variabile. In questa categoria, una percentuale consistente ha optato per la tipologia di mutuo a rata costante (13,8%), mentre solo il 3,2% ha scelto mutui a tasso fisso.
Durata del mutuo – Continuano a essere gettonati mutui “lunghi”, sebbene siano considerati troppo rischiosi dalle banche, tant'è vero che nel 2013 non ci sono state operazioni con durata superiore ai 30 anni. La durata media del mutuo nell'anno considerato è stata di poco superiore a 24 anni. Prendendo in considerazione le fasce di durata, due mutui su tre risultano compresi tra 21 e 30 anni; circa il 30%, invece, si colloca nella fascia 10-20 anni. E' importante rilevare che i prestiti ipotecari di durata inferiore a 10 anni rappresentano solamente lo 0,2% del totale a causa dei costi elevati della rata mensile. In sintesi i mutui con durata fra i 21 e i 30 anni si aggiudicano il 68,6% del campione, seguiti da quelli che si collocano fra i 10 e i 20 anni, pari al 31,2%.
Importo del mutuo – L'importo medio del mutuo erogato osserva un picco nell'Italia Centrale, dove il ticket medio è pari a 112.700 euro, mentre la macroarea con valori più bassi riguarda le isole, con quota pari a 101.200 euro. Nel Nord Italia il mutuo risulta poco oltre 111.000 euro, nel sud 102mila euro.