Meningite in Toscana, i risultati dell’indagine epidemiologica

Firenze – Illustrati stamani insieme ai nuovi procedimenti in merito al contenimento dello sviluppo della meningite in Toscana, i risultati della più grande indagine epidemiologica condotta sul campo mai svolta prima d’ora  danno un quadro piuttosto inquietante della situazione. Le indagini condotte dall’Ars (Agenzia Regionale della Sanità) erano in realtà due, con l’obiettivo di identificare i gruppi di popolazione più a rischio, verso i quali indirizzare poi gli interventi vaccinali e individuare i portatori sani. Il supporto tecnico/scientifico è stato fornito dall’Istituto Superiore di Sanità e dalla Asl Toscana centro. A presentare i risultati, insieme all’assessore regionale Saccardi, Fabio Voller, coordinatore dell’osservatorio di epidemiologia dell’Ars.

Intanto, l’aumento: 59 i casi di malattia batterica invasiva (MBI) da meningococco C riportati in Toscana nel periodo 1 gennaio 2015 – 14 dicembre 2016, in confronto ai 5 casi riportati nel biennio 2013-2014. Tentuno casi (53.4%) sono stati riportati nel 2015 e 28 (46.6%) al 14 dicembre 2016. L’età mediana è risultata essere di 28 anni. L’incidenza maggiore si registra nella fascia di età 20-29 anni (3.30 x 100.000 abitanti), seguita dalla fascia 10-19 anni (1.85 x 100.000 abitanti). Diciannove casi (32.8%) avevano più di 40 anni di età; e di essi 11 (19% del totale), più di 60 anni. Undici casi (19%) si sono verificati in soggetti stranieri. L’incidenza (per 100.000 abitanti) per ex Asl varia da un minimo di 0.22 per 100.000 nella ex Asl di Grosseto ad un massimo di 2.48 per 100.000 nella ex Asl di Empoli. I decessi totali sono stati 12 per una letalità del 20.7%. Sei casi sono deceduti nel 2015 (19.3%) e 6 nel periodo 1 gennaio 2016 – 30 novembre 2016 (22.2%).

L’età ha influenzato la probabilità di decesso. Infatti, l’età mediana dei casi deceduti è risultata essere 52 anni (range 13-84 anni: 12 casi su 59, cioè 20.3%). La letalità tra i soggetti non vaccinati è stata del 23.4% (11 casi su 47), mentre tra i soggetti vaccinati dell’8.3% (1 caso su 12). Il vaccino ha inoltre determinato un decorso clinico più favorevole. Infatti, dei 18 casi che hanno avuto sequele permanenti (perdita udito, amputazioni, morte), 16 (88.9%) non erano vaccinati.

Per cinque casi vaccinati erano passati più di 5 anni dalla data di somministrazione del vaccino, periodo oltre il quale la protezione del vaccino diminuisce sensibilmente, mentre per un caso era passato un periodo troppo breve tra la data di somministrazione del vaccino e l’inizio dei sintomi per sviluppare una corretta risposta immunitaria.

Relativamente alla diagnosi e alla sintomatologia, 24 casi (41.4%) hanno sviluppato sepsi e meningite, 29 casi (50%) solo sepsi e 5 casi solo meningite (8.6%). 37 casi (63.8%) hanno mostrato, oltre ai sintomi tipici della MBI meningococcica, una sintomatologia atipica gastrointestinale (vomito e diarrea). Inoltre, nei 10-15 giorni precedenti la data ufficiale d’inizio sintomi, 30 casi (51.7%) hanno riportato un episodio simil-influenzale con febbre non elevata associata a mal di gola e in 10 casi (16.9%) erano anche associati sintomi gastrointestinali.

Relativamente alle caratteristiche comuni dei casi verso cui indirizzare campagne mirate di comunità, queste le principali:
1. Discoteche, club, locali notturni per la fascia d’età 14-25
2. Ristoranti, circoli per la fascia d’età sopra i 40 anni
3. Scuole superiori, università
4. Palestre, associazioni sportive-ricreative
5. Operatori sanità
6. Fumatori
7. Consumatori di sostanze stupefacenti.

“Questa è, a nostra conoscenza – conclude Voller – la più grande indagine epidemiologica di casi di malattia meningococcica condotta sul campo che ha previsto interviste face-to-face, analisi di cartelle cliniche ed epidemiologiche, utilizzo di dati microbiologici e di elementi di field epidemic intelligence. In conclusione, lo studio ha permesso di individuare categorie di rischio per lo sviluppo di MBI da meningococco C, ovvero gruppi target verso i quali dovranno essere pianificate strategie vaccinali ad hoc al fine di interrompere la catena del contagio”.

Ma non è finita: infatti, i risultati dello studio condotto per misurare la prevalenza di portatori di Neisseria meningitidis (NM) nella popolazione toscana, ha dato i seguenti risultati: la prevalenza di meningococco è risultata pari al 2,5%. Il  principale sierogruppo è risultato il B (37 portatori = 1,6% del totale dei tamponi analizzati), seguito dall’Y (11 =  0,5% del totale dei tamponi analizzati) e dal C (4 = 0,17% del totale dei tamponi analizzati).   I tamponi orofaringei sono stati effettuati in un campione di soggetti di età 11-45 anni che si sono recati per qualunque vaccinazione negli ambulatori della Azienda Sanitaria Toscana centro (ex Asl di Firenze ed Empoli) e dell’Azienda Sanitaria Toscana sud-est (ex Asl di Siena e Grosseto), identificata come area di controllo. Sono stati eseguiti 2.287 tamponi orofaringei.

“Lo studio effettuato in Toscana rappresenta la più ampia ricerca condotta in Italia sullo stato di portatore di meningococco in adolescenti e adulti – ha spiegato Fabio Voller di Ars – questo dato è in linea con quanto riportato in letteratura da simili recenti studi condotti a seguito di importanti incrementi di casi di meningococco C: 0.2% in San Salvador (Brasile), 0.3% in uno studio multicentrico condotto in Inghilterra, 1.3% in Galicia (Spagna), 1% in Olanda, 1% Danimarca”.

“Come riportato in letteratura – aggiunge Voller – ciò è spiegato dal fatto che il sierogruppo C, e in particolare C-ST11, si caratterizza per una breve durata dello stato di portatore ed un alto tasso di trasmissibilità volto a bilanciare la sua incapacità di creare un rapporto commensale duraturo con l’ospite”.

 

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